ATTUALITÀ
16 novembre 2023

Riflessioni medico-legali sul “Decreto Bollette”

Enrico Ciccarelli*, Giulia Ciccarelli**

La recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del cosiddetto Decreto Bollette (D.L 34/23), comprendente anche alcune disposizioni aventi per oggetto la professione odontoiatrica (art. 15, ter) ha suscitato molteplici pareri e reazioni, sia favorevoli che contrari in ambito sanitario; in particolare, e non poteva essere diversamente visto la portata e le implicazioni della modifica, ciò che ha suscitato maggior sorpresa è stata la rivisitazione dell’art. 2 della L 489/85 al quale è stata aggiunta la dicitura “e possono esercitare le attività di medicina estetica, non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, al terzo medio ed al terzo inferiore del viso”.

È del tutto evidente che il portato normativo comporta riflessioni semantiche, concettuali, medico-legali e anche economiche. Proprio partendo da questo ultimo aspetto è innegabile che l’apertura concessa agli odontoiatri dalla normativa, è destinata a produrre una molto probabile modificazione del mercato. Ma per analizzare un po’ più nel dettaglio il senso e le ripercussioni che la novella legislativa apporta, si deve partire dal significato letterale dei singoli sintagmi, partendo dal sintagma “medicina estetica”. È noto che cosa si intenda sia per medicina estetica sia chi possa esercitare tale branca della medicina.

In particolare la medicina estetica è una disciplina medica finalizzata alla cura della propria immagine mediante interventi di natura asportativa o additiva, mentre per quanto riguarda la sua pratica la stessa è possibile per qualsiasi medico, in conformità a quanto avviene per le altre branche mediche, fatte salve la radiologia e l’anestesia e rianimazione che presuppongono il titolo accademico di specialista. Tale precisazione non è fine a se stessa in quanto ciò che interessa realmente, dal punto di vista medico-legale, non è chi pratica l’attività della medicina estetica ma la finalità con cui questa viene esercitata o meglio la natura della prestazione che viene esercitata. Quando la prestazione del sanitario ha prevalentemente finalità estetica cambiano i paradigmi della valutazione medico-legale in caso di contenzioso tra il sanitario e il paziente. Infatti, nelle prestazioni a finalità estetica, il sanitario si assume verso il paziente un obbligo di risultato estetico che non deve essere inteso in senso assoluto ma in riferimento allo status quo ante del paziente (vedi in tal senso sentenza del Tribunale di Napoli N° 5155 del 20.05.2019).

É evidente che l’obbligo di risultato comporta una serie di problematiche di non poco conto. La prima prevede la necessità di un inquadramento neuro psicologico del paziente da parte del sanitario giacché molto spesso chi richiede un trattamento estetico presenta dei tratti di personalità narcisistici, ossessivi e depressivi. Riguardo soprattutto il tratto ossessivo-compulsivo (ma non solo), il rischio è quello di “scontentare” in ogni caso il paziente che non vede raggiunta quella perfezione che si sarebbe aspettato dal medico. Proprio per questo e ancor di più in questo ambito, è molto importante l’acquisizione di un consenso informato il più dettagliato possibile.

Il consenso non deve essere acquisito frettolosamente né tantomeno deve consistere in un modulo informativo generico che viene sottoposto all’attenzione del paziente, dicendo semplicemente di apporre una firma per il consenso. La simulazione digitale dell’esito dell’intervento proposto possono, da un lato aiutare il medico a far comprendere meglio al paziente l’obiettivo che ci si prefigge, ma dall’altro potrebbero indurre un’aspettativa eccesiva in quanto la variabilità biologica in primis può apportare alcuni inconvenienti non prevedibili.

Va ricordato che nel caso di interventi con finalità estetica all’operatore compete anche il compito, all’interno dell’informazione data al paziente, di fornire dovizia di particolari non solo con riferimento alle tecniche dell’intervento con i relativi rischi e all’utilizzo di dispositivi particolari, ma anche al risultato estetico che ci si aspetta, dando delucidazioni su tutte le tipologie di atto medico che possono essere utilizzate per perseguire il risultato che ci si è prefissato. Per quanto concerne i dispositivi si dovrà prestare particolare attenzione alle indicazioni d’uso (non off label), specificando anche l’evidenza scientifica alla base dell’utilizzo. È quindi necessaria “un’informazione puntuale, completa e capillare” per consentire al paziente una scelta la più consapevole possibile, tenendo conto del rischio e dell’eventuale peggioramento estetico (Cassazione Civile n° 12830 del 06.06.2014).

Quanto detto sino ad ora riguarda in astratto tutti gli interventi con finalità estetica ma esaminiamo ora nel dettaglio il contenuto della modifica normativa apportata dal decreto bollette con riferimento alla pratica odontoiatrica, partendo dal riferimento a un atto non invasivo o mini invasivo. Il legislatore non ha connotato ulteriormente tale dicitura per cui “per analogia” si può fare riferimento a quanto già espresso dal Consiglio Superiore di Sanità nel 2014 e nel 2019 laddove si ipotizzava anche l’utilizzo di farmaci e devices immessi in commercio, esclusivamente per utilizzo odontoiatrico. Di più, non essendo specificato, dalla lettura del dispositivo sembra di capire che l’attività possibile sia estesa a tutta la medicina estetica, interessante tutta la regione del volto. L’interpretazione quindi del dettato è molto difficile, essendo lacunosa sia per quanto riguarda lo spazio d’attività dell’odontoiatra sia per quanto concerne il significato del termine “non invasivo o mini invasivo”, potendosi adottare come riferimento la durata dello stesso, la necessità di ricovero, la complessità dell’intervento etc.

Appare evidente che tale aspetto, non definito, in caso di contenzioso potrebbe essere un “punto debole” nella difesa del sanitario in quanto si potrebbe prospettare l’esecuzione di un atto la cui liceità è ancora in discussione. La questione riguarda ovviamente anche l’obbligo assicurativo. Fino ad ora le polizze prevedevano la copertura per l’attività odontoiatrica abituale con finalità terapeutiche e quindi con obbligo di mezzi. Da oggi invece l’odontoiatra che volesse occuparsi anche di medicina estetica nei limiti ricompresi dalla normativa, dovrà rimodulare la propria polizza RC in modo che venga compresa anche l’attività estetica con il rischio relativo all’obbligazione di risultati.

Dalle considerazioni precedenti deriva che il dettato normativo prevede la necessità di un’analisi più approfondita e dettagliata in altre sedi e in tempi successivi (anche se non molto lontani) in modo da poter trarre conclusioni più complete dopo che la pratica di medicina legale e di odontoiatrica forense abbia potuto confrontarsi con alcun casi clinici, affiancando così l’aspetto teorico speculativo a quello pratico. La SIOF, da sempre attenta agli aspetti odontoiatrici forensi per vocazione, si sta attivando per la preparazione di un convegno, avente per oggetto le tematiche in ambito odontoiatrico di cui al decreto bollette, per i primi mesi del prossimo anno.

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