ATTUALITÀ
18 luglio 2022

Esiste ancora la letteratura scientifica?

Mauro Labanca

Molti anni fa il mio illuminato primario prof. Sapelli, dovendo organizzare un incontro sull’EBD, mi “costrinse” a fare una relazione sull’argomento. Questo mi portò a studiare in modo forsennato per meglio capire ciò che esiste dietro a una pubblicazione scientifica, e a familiarizzare con parole all’epoca pressoché sconosciute ai non super addetti ai lavori. E meglio compresi la differenza tra opinioni personali pubblicate qua e là e ricerche serie, studi multicentrici, review e meta-analisi. Erano i tempi delle ricerche approfondite, i tempi in cui lo stesso impianto restava in commercio per anni senza significative modifiche, e il follow up era pluriennale.

Allora, come ora, cercavo di spiegare a chi partecipava alle mie conferenze come leggere la biografia che accompagnava i nuovi prodotti messi in commercio. Ma ora sono costretto a constatare che la situazione sta prendendo una deriva preoccupante, e forse drammatica. Non posso che fare eco a quanto spesso già evidenziato dall’amico Nicola Perrini, che da attento ricercatore ha già evidenziato il problema. Il discorso vale sicuramente per tutti i settori e in tutti i paesi, ma nel nostro l’odontoiatria, fortemente libero professionale, sta pagando in maniera amplificata questo fenomeno sempre più emergente.

Comprendere il drammatico circolo vizioso è abbastanza semplice: una ricerca ben condotta, con onestà intellettuale da parte dei ricercatori, nei confronti di un prodotto o di una procedura richiede molto tempo, molte energie, e alla fine anche un certo esborso economico. Con il potenziale rischio che il risultato della ricerca risulti sfavorevole a quanto studiato. Chi ha quindi ancora voglia di spendere soldi per verificare la validità scientifica di un protocollo o un materiale che magari verrà modificato, per esigenze del mercato, nel volgere di poco tempo? Inoltre, per la messa in commercio di un nuovo prodotto basta molto spesso ottemperare alle normative CE, che nulla dicono sulla efficacia o reale destinazione d’uso, avendo così come risultato il fatto che ci possono venire proposti prodotti “terapeutici” senza alcun tipo di supporto scientifico o ricerca alle spalle. Con una biografia a volte risibile, che fa riferimento a concetti generali e non al prodotto in oggetto.

Tutto questo, purtroppo, con il silenzio a volte colpevole della pletora di società scientifiche che troppo spesso se la raccontano parlando dei massimi sistemi invece di farsi, come sarebbe bello e auspicabile, garanti della scientificità di prodotti e protocolli. “Mala tempora currunt”, e non ci resta che auspicare che la capacità individuale di critica sappia guidare i giovani colleghi verso scelte consapevoli per non fare sperimentazione sugli ignari pazienti che ci onorano della loro fiducia, che non andrebbe mai tradita.

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