ATTUALITÀ
21 marzo 2025

Meglio un sorriso “globalizzato” oppure con qualche difetto (ma personale)?

Biancucci P.

Questo è il quesito che ci pone il prof. Roberto Deli, docente di Ortognatodonzia all’Università Cattolica di Roma, nel suo libro “Individualità v/s globalizzazione”. Un invito a riflettere sulla tendenza sempre più pressante all’omologazione, “scorciatoia” troppo spesso imboccata nel trattamento ortodontico, supportato da considerazioni filosofiche di cui l’autore è appassionato cultore «Seguendo la morale di Kant, alcuni pazienti preferiscono che i propri denti, pur se malposti, così restino, poiché non amano perdere l’identità anche se data loro dalla malocclusione. Se questo atteggiamento appare esagerato, mette tuttavia in evidenza il rispetto dovuto a chiunque chieda un aiuto ortodontico: magari la sua motivazione è solo di un miglioramento e non di perfezione (che costa un cambiamento non desiderato, fatica, tempi lunghi e denaro)».

Una parte importante trattata in questo libro è l’esperienza di una scelta terapeutica libera dai condizionamenti culturali del nostro tempo. Il concetto di individualità in una società globale sembra sia compromesso e quasi cancellato e con esso l’esperienza di scelte libere dalla moda e dalle tendenze del momento. Per contrastare tale compromissione e le pericolose conseguenze che ne sono derivate, l’Autore ci invita a guardare verso un necessario cambiamento di pensiero. Riferendoci all’Odontoiatria, il problema nasce quando il dentista operante sul versante dell’estetica, cerca di ricondurre le molteplici forme in cui si presenta il sorriso delle persone sotto una regola comune detta anche “canone estetico”.

Cosa si perde e cosa si guadagna? I vantaggi di una procedura standardizzata in Ortodonzia e nella Protesica si conoscono: rapidità di trattamento e certezza di risultato. Un sorriso uguale a quello della tale attrice o cantante, può tuttavia esser troppo simile al sorriso della vicina di casa che confiderà l’indirizzo del dentista come fosse un segreto di stato. Perché azzerare le asimmetrie a favore di una struttura ordinata e regolare può dare l’idea di aver finalmente raggiunto un’armonia espressa dalla regolare disposizione dei denti in assenza di difetti, anche minimi.

Per approfondire la riflessione vale citare Kant e la sua Critica del Giudizio: «Un volto perfettamente regolare, quale un pittore potrebbe desiderare d’avere per modello, ordinariamente non esprime niente, non avendo nulla di caratteristico: esprime piuttosto l’idea della specie [umana] che il carattere di una persona». Ignorando il proprio condizionamento subliminale, il paziente chiederà spesso un trattamento odontoiatrico secondo i canoni della moda del momento. Là dove si presentano difetti evidenti esistono margini di correzione, tuttavia l’ideale di bellezza può essere auspicato dal paziente e intravisto dallo specialista che tenta di conseguirlo con tecnica ed intuizione. La prima consiste nell’applicare al caso specifico procedure conosciute con opportune variazioni e su cui si gioca il risultato, mentre la seconda è una facoltà che anticipa in un’immagine mentale la forma finale.

Ma l’attrattività di un volto non risiede nelle proporzioni esatte, ossia nella cosiddetta “regola aurea” del Fibonacci, ma nel carattere attraverso cui si esprime l’individuo/persona, perché, come auspicava Kant, non è certamente nell’estetica che si può raggiungere la perfezione, ma nella morale. Con la tecnica dell’intuizione, lo specialista in Ortognatodonzia e il protesista tentano di raggiungere la bellezza specifica di un volto, applicando procedure con variazioni opportune ed anticipando un’immagine mentale. Processo analogo a quello dello scultore che dal blocco di marmo trae l’immagine precostituita nella sua mente, “la forma in cui costringere la materia”.

Immagine di copertina by seligaa/Adobe Stock.

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