ATTUALITÀ
13 marzo 2023

Parodontite, poco conosciuta in Europa ma più familiare tra gli italiani

Roberto Rosso

Key-Stone ha condotto un’ampia indagine online tra gli abitanti di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna, su un campione casuale di 2.500 persone di età compresa tra i 35 e i 74 anni. Il campione è stato perfettamente ponderato per fasce di età e livello di istruzione, con lo scopo di conseguirne la massima rappresentatività.
La ricerca - i cui risultati sono stati presentati all’EuroPerio 2022 di Copenaghen dal dottor Marco Pacini, CEO e partner dell’Istituto di ricerca - ha approfondito aspetti di tipo comportamentale e sociologico che riguardano i cittadini europei in relazione alla malattia parodontale e ai problemi gengivali.
A seguito della grande esperienza di Key-Stone in Italia, basata su tre grandi indagini condotte su oltre 6.000 persone tra il 2016 e il 2020 in collaborazione con SIdP (Società Italiana di Parodontologia e Implantologia), questa nuova ricerca si concentra sul grado di conoscenza della popolazione in materia di parodontologia, confrontando i risultati in cinque Paesi. Estendendo l’analisi all’Europa, selezionando gli Stati più popolati, Key-Stone ha potuto osservare alcuni sorprendenti dati che riguardano l’eterogeneità dei risultati rispetto alla percezione e al vissuto della salute della bocca, in funzione dei diversi Paesi e delle fasce socioeconomiche indagate.
La ricerca ha indagato temi relativi alle abitudini igieniche, come lo spazzolamento dei denti, la frequenza di visita dal dentista e di sedute di igiene orale professionale, l’abitudine al fumo, etc. Ma anche la presenza di sintomi che potrebbero essere segnali di problemi parodontali e i conseguenti comportamenti, la conoscenza della parodontite, la situazione orale rispetto a possibili edentulie, etc.
Il dato più sorprendente è che il 47% della popolazione adulta europea intervistata non conosce la parodontite. A livello generale, si tratta di un dato preoccupante, soprattutto se si considera l’elevata incidenza di questa patologia che, secondo gli studi epidemiologici, conferma che circa il 40% della popolazione occidentale adulta presenta sintomi clinici e più, del 10%, manifesta forme gravi.
La prima conclusione è, quindi, che circa la metà della popolazione adulta, nell’insieme dei principali paesi europei per numero di abitanti, non sa cosa sia la malattia parodontale. Ma in Italia si riscontra una maggiore familiarità con questa malattia che, come sappiamo, è una delle patologie più diffuse tra la popolazione adulta e, di fatto, lo scopo di questo contributo è anche quello di analizzare le ragioni della maggior dimestichezza degli italiani rispetto ai temi relativi alla parodontite. Nel nostro Paese, infatti, quasi due italiani su 3 dichiarano di sapere che cos’è la parodontite, contrariamente alle prime rilevazioni effettuate nel 2016 da Key-Stone in collaborazione con la SIdP (Grafico 1).





Il concetto di “notorietà” della patologia è una questione molto importante: può avere risvolti significativi rispetto alla sensibilità della popolazione in presenza di sintomi che non dovrebbero assolutamente essere sottovalutati o trascurati.
Il dato che desta grande preoccupazione è legato soprattutto alla grande diffusione di questa malattia nella popolazione adulta e alle prospettive di una sua ulteriore maggiore incidenza nel futuro, con un ruolo chiave nell’invecchiamento e un conseguente aumento di alcune patologie sistemiche.
Concentrandosi sull’Italia, e osservando più dettagliatamente i risultati, è abbastanza evidente la differenza, statisticamente significativa, della conoscenza della parodontite a seconda del grado di istruzione dei cittadini intervistati (oltre il 75% di conoscenza tra i laureati). Risultano meno rilevanti, invece, gli aspetti economici, con differenze non particolarmente significative segmentando il campione per fascia di reddito (Grafico 2).



La conoscenza della malattia è, in generale, la base per sensibilizzare la popolazione a una corretta valutazione dei sintomi che, in questo caso, potrebbero essere associati a problemi delle gengive e dei tessuti che circondano il dente. Non vi è dubbio che la priorità delle istituzioni e di tutti gli odontoiatri debba concentrarsi sulla diffusione della conoscenza di questa patologia, soprattutto in quelle fasce di popolazione con un livello di istruzione più basso, che tendono anche a coincidere con le fasce di popolazione con minori risorse economiche e con maggiori possibilità di andare incontro a un grave deterioramento della propria salute orale. Ciò aumenta il rischio di un maggiore edentulismo o dello sviluppo di patologie sistemiche correlate alla parodontite.
Prima di procedere, illustrando ulteriori risultati, vorrei quindi approfondire il tema e la storia della “popolarizzazione” della parodontologia in Italia. Infatti, io e il mio team (in particolare la nostra agenzia YouKey) abbiamo avuto l’opportunità di collaborare e di vivere il grande progetto di comunicazione sulla popolazione che sta sviluppando da anni la SIdP e, a proposito del quale, presento i risultati provenienti da differenti analisi perfettamente sovrapponibili da un punto di vista metodologico. Tali ricerche ci dicono che la conoscenza della parodontite (che nella domanda delle precedenti ricerche effettuate in Italia citavamo anche come “piorrea”) era inferiore al 50% nel 2015, per poi aumentare al 70% nelle ricerche più recenti, con un picco del 77% nell’ultimo sondaggio effettuato nel 2020 (sempre associando al nome “parodontite” anche quello di “piorrea”).
In merito all’importanza della comunicazione ai cittadini, secondo una logica di “popolarizzazione” di questa patologia così diffusa, abbiamo chiesto al dottor Nicola Marco Sforza, presidente della SIdP, di raccontarci qualcosa in più sulle linee guida del loro progetto, sulle ragioni che hanno spinto la società scientifica a investire risorse ed energie in questa direzione, sui risultati finora ottenuti e sulle prospettive future.





Secondo il dottor Sforza: «Informare la popolazione per creare consapevolezza della diffusione della parodontite in Italia è parte importante della mission della nostra società scientifica. Del resto, stiamo parlando di una malattia che in Italia colpisce almeno il 45-50% della popolazione, con il 10-15% di forme gravi, cioè quadri di malattia che portano a perdita di denti e a un handicap funzionale, estetico e psicologico, oltre che a un impatto sui costi economici per la sostituzione dei denti persi e il trattamento interdisciplinare della malattia. Per non dimenticare poi le possibili correlazioni pericolose delle parodontiti gravi con malattie sistemiche importanti come il diabete, le cardiopatie e l’ipertensione. Per la divulgazione, SIdP utilizza diversi canali, tra cui Il portale web Gengive.org e la relativa pagina Facebook, nati con l’obiettivo di informare ed educare la popolazione sulla salute parodontale e sui danni che la parodontite può causare a livello di cavo orale e salute generale. Tutte le informazioni, elaborate e validate dalla Commissione Editoriale della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia, si basano sull’evidenza scientifica più moderna. Il portale Gengive.org conta una media di 1.500 visualizzazioni al giorno (oltre mezzo milione nell’ultimo anno), superando complessivamente gli oltre 750.000 utenti unici. A livello di social media, la pagina Facebook attiva dal 2016 (con circa 56.000 followers), ha già raggiunto alcuni milioni di utenti unici, circa 2,5 milioni solo nell’ultimo biennio».

A proposito dei canali attraverso i quali la popolazione italiana ha potuto approfondire la conoscenza della parodontite, nel grafico 3 è possibile notare come tra coloro che dichiarano di conoscere o di aver sentito parlare della parodontite, le informazioni provenienti direttamente dallo studio dentistico siano assolutamente prioritarie. Chiaramente, dopo il canale di maggior diffusione di massa (televisione e radio). Ciò conferma il ruolo centrale dei dentisti italiani e delle strutture che li ospitano, non solo per l’attività diagnostica e terapeutica, ma anche come vero e proprio ambito di informazione ed educazione della popolazione. Anche l’ambito digitale risulta particolarmente rilevante, sia per ciò che concerne i siti degli studi dentistici, sia in merito ai portali di salute e delle società scientifiche, ambito nel quale il sito e i social di Gengive.org occupano un ruolo centrale.

La ricerca internazionale mostra, inoltre, significative differenze tra Italia ed altri Paesi nel peso dei canali di comunicazione connessi con la conoscenza della parodontite. In particolare, nel nostro Paese risultano significativamente più rilevanti i siti e social degli studi dentistici (34% vs 17% del campione totale), i siti o social di società scientifiche (28% vs 14%) e i forum e social media in generale (20% vs 10%).

Veniamo ora all’analisi delle risposte del campione rispetto ai possibili sintomi di parodontite.
È stato chiesto agli intervistati se soffrono o hanno sofferto di alcune specifiche problematiche, indicate nel grafico 3 in modo dettagliato. Naturalmente la ricerca non vuole avere uno scopo epidemiologico, ma valutare, da un punto di vista più sociologico, quale sia la percezione di certi sintomi e quali siano i comportamenti conseguenti. Tutto ciò dipende enormemente anche dalla sensibilità degli intervistati, dalla percezione di gravità dei sintomi e, in questo senso, vanno lette anche le differenze, spesso culturali, per Paese.
Focalizziamo l’attenzione sui risultati del solo campione europeo rispetto ai sintomi percepiti, anche perché non ci sono differenze statisticamente significative nelle risposte degli italiani rispetto agli altri Paesi.
Prima di analizzare i risultati, ricordiamo nuovamente che il campione si riferisce a una fascia di età dai 35 ai 74 anni e, in questo spaccato della popolazione, osserviamo come solo il 26% dichiari di non presentare alcuno dei sintomi indicati, tale fenomeno diminuisce in modo progressivo e in linea con l’aumento dell’età. Ancora una volta, va specificato che lo studio riguarda vissuto e percezione dei sintomi e non ha uno scopo quantitativo di misurazione della reale incidenza della patologia. Non tutti i sintomi sottoposti al campione sono però direttamente associabili a una possibile malattia parodontale. Per questo motivo, in collaborazione con clinici specializzati nell’ambito parodontale (nello specifico con SIdP per ricerche pregresse), sono state individuate tre sintomatologie chiave come possibile indicatore di un ipotetico “quadro parodontale”.
Concretamente, sono stati marcati i casi che hanno indicato tra i sintomi: recessione gengivale, mobilità dei denti o infezioni alle gengive. La presenza di almeno uno di questi sintomi (anche se sono risultati spesso associati, in particolare recessione e mobilità dentale) ha determinato la definizione di una “possibile condizione parodontale” che, nel grafico 4, è indicata con la barra in fondo e mostra come il 47% del campione si potrebbe trovare in un potenziale stato di possibile condizione parodontale. Si tratta di un dato molto importante, in quanto indica come siano probabilmente diversi milioni gli europei (per gli italiani l’incidenza è la stessa) che soffrono o possono soffrire di problematiche parodontali, in linea con i dati provenienti dalla letteratura scientifica, che confermano la valenza sociale della parodontite, ritenuta una delle malattie più diffuse al mondo.





Nonostante la ricerca effettuata abbia obiettivi di analisi sociale, è comunque interessante notare come l’incidenza della possibile condizione parodontale risulti, anche da questo punto di osservazione, coerente con quanto a nostra conoscenza dal punto di vista scientifico. Ossia una progressiva maggior incidenza all’aumentare dell’età, per gli strati di popolazione più povera e in presenza di abitudini non salutari, in particolare il fumo, con una incidenza della condizione parodontale (auto dichiarata) maggiore di un terzo tra di chi fuma regolarmente rispetto a chi non ha mai fumato.
Considerando l’alto peso di coloro che lamentano una possibile condizione parodontale e che sono andati dal dentista per un controllo, la ricerca ha anche indagato per valutare a quale percentuale del campione sia già stata diagnosticata la parodontite da parte del dentista. Complessivamente, in Italia si tratta del 13% degli intervistati, che raggiunge quasi una persona su quattro considerando i pazienti che sono stati tracciati come in “possibile condizione parodontale” in base ai sintomi dichiarati.
La ricerca, davvero molto estesa, ha approfondito anche altri aspetti connessi con la salute della bocca, la percezione di patologie, gli atteggiamenti, etc. Ciò che ha maggiormente colpito i ricercatori è, però, in assoluto la forte eterogeneità di coscienza della propria salute orale nella popolazione e la presenza di differenze quasi dicotomiche di sensibilità e vicinanza alle problematiche dentali tra diversi segmenti sociodemografici. Una situazione che fa immaginare come, attraverso un sistema strutturale di informazione ed educazione proprio negli strati socioeconomici più deboli della popolazione, si potrebbero ottenere enormi risultati in chiave di prevenzione.
Per questo abbiamo voluto chiedere al Professor Graziani (Professore di Parodontologia all’Università di Pisa, Professore Onorario di Parodontologia all’University College di Londra ed ex Presidente della Federazione Europea di Parodontologia), che si è molto interessato a questa ricerca, quali sono le prime conclusioni che si possono trarre dall’indagine e quale ruolo dovrebbe avere la ricerca sociale, che studia l’esperienza, la percezione, gli atteggiamenti e i comportamenti a supporto della ricerca scientifica e della pratica clinica.

Secondo il professor Graziani: «L’azione delle società scientifiche e delle istituzioni per aumentare la consapevolezza della malattia sarà enormemente importante. Allo stesso tempo, dobbiamo renderci conto che in passato la percentuale di popolazione consapevole della parodontite era sicuramente più bassa, e questa è la prova tangibile del lavoro svolto finora dalle istituzioni e dai dentisti che comunicano con tutti i loro pazienti. Ma la riflessione finale è “cosa succede, dal punto di vista odontoiatrico, a quella metà della popolazione europea che ancora non sa cosa sia la parodontite e quindi non sa nemmeno che è possibile curarla”. È soprattutto la “non percezione” del sintomo/segno che deve farci riflettere. Ovviamente, per gran parte della popolazione, il sanguinamento delle gengive o altri sintomi non sono necessariamente un motivo di allarme, in quanto un paziente su due può effettivamente necessitare di un esame immediato ed eventualmente di un trattamento.
Il costo biologico e sociale di una scarsa consapevolezza della parodontite è enorme, e i danni di una parodontite non trattata sono sufficienti per rendersene conto. I costi sociali e personali non sono trascurabili, oltre agli ovvi danni alla salute orale e, in larga misura, sistemica.
I risultati di questa indagine sono unici e ci permettono di attuare strategie efficaci a livello europeo. Inoltre, nella consultazione individuale, il collega dovrebbe avere cura di comunicare l’importanza del sintomo (“non è normale che le gengive sanguinino”) e la sua presenza. Questo potrebbe anche portare a un ritorno “virtuoso” in termini di nuovi pazienti e di sviluppo dell’attività della clinica, grazie a un “passaparola” molto positivo».
Per concludere, ho voluto nuovamente coinvolgere il dottor Nicola Marco Sforza per le prime conclusioni che potremmo trarre dallo studio, nonché per avere il suo parere su quello che dovrebbe essere il ruolo della ricerca sociale a supporto della medicina e della salute più in generale, una ricerca che partendo dall’analisi di esperienza, percezione e comportamenti possa essere di supporto della ricerca scientifica e della pratica clinica.
«Certamente un’indagine di questo tipo ci consente di poter misurare il grado di consapevolezza della popolazione, oltre che la scarsa percezione della sintomatologia da parte del paziente, rendendo ovviamente meno tempestiva la diagnosi e la terapia. Dobbiamo sottolineare anche che oggi in Italia soltanto il 13% dei pazienti intervistati ha dichiarato di aver ricevuto diagnosi di parodontite e questo è un dato che deve fare riflettere tutto il comparto odontoiatrico sulla necessità di giungere a una diagnosi precoce e tempestiva, in modo da intercettare la parodontite quando ancora non è grave e può essere trattata con terapie semplici e poco costose. La vera sfida della nostra SIdP, anche in prospettiva futura, è riuscire a sviluppare, con l’aiuto di tutti gli odontoiatri e igienisti italiani, una prevenzione primaria autentica volta a evitare che un paziente sano da un punto di vista parodontale, si ammali di gengivite, malattia reversibile e tutto sommato “banale,” ma che, se trascurata o “mal trattata”, può trasformarsi in parodontite con tutte le conseguenze che conosciamo».

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