Generalmente gli Studi dentistici di dimensioni medio-grandi, dotati di un numero considerevole di attrezzature di ultima generazione e caratterizzati da un alto grado di autonomia dello staff rispetto al titolare, da un punto di vista giuridico, sono organizzati in forma di società.
In tali casi, quindi, l’operazione di cessione/acquisizione dello Studio dentistico potrà realizzarsi, essenzialmente, in due modi:
- compravendita delle quote;
- cessione/acquisizione dell’azienda (per “azienda” si intende un complesso di beni materiali e immateriali, economicamente collegati ai fini dell’esercizio di un’attività imprenditoriale: tale nozione, quindi, non contempla solo i cespiti, ma anche i servizi, i rapporti di lavoro con il personale, i contratti stipulati per l'esercizio dell'impresa e l'avviamento).
Scopo del presente articolo è quello di dare un quadro, per quanto sintetico, sui principali aspetti giuridico-legali delle suddette operazioni.
Va innanzitutto premesso che le operazioni di m&a di Studi dentistici si caratterizzano, rispetto alle operazioni di m&a in generale, per la presenza, spesso, di uno o più professionisti che fungono da riferimento importante per la pazientela (si pensi, ad es., alla fidelizzazione e al passaparola).
Pertanto, in generale, sia che l’operazione venga impostata con una compravendita di quote societarie, sia che si realizzi con una cessione d’azienda, si ritiene comunque opportuno prevedere (in entrambi i casi) specifiche pattuizioni, proprie delle operazioni di m&a di Studi ed attività professionali, che, in estrema sintesi, consistono nell’assunzione, da parte del titolare (e/o delle figure di “riferimento” dello Studio) di obblighi di affiancamento dell’acquirente nella fase di subentro nella gestione dello Studio e di non concorrenza. È peraltro frequente l’ipotesi che una (o più d’una) delle figure apicali dello Studio ceduto rimanga all’interno della struttura come collaboratore o come direttore sanitario.
In tal caso, quindi, oltre all’atto formale di cessione/acquisizione delle quote o dell’azienda, “arricchito” dalle obbligazioni personali di affiancamento e non concorrenza, ci sarà anche un vero e proprio contratto di collaborazione professionale, il cui contenuto andrà via via definito sulla base delle specificità della singola operazione.
Già da questi primi cenni, si evince l’importanza di farsi assistere da professionisti esperti nel mondo delle operazioni di m&a di Studi ed attività professionali, che ben hanno presenti gli aspetti peculiari delle realtà degli Studi dentistici, molto differenti dalle imprese “tradizionali”.
Anche in relazione alla scelta del negozio giuridico – e cioè, principalmente, se vendere/comprare le quote o l’azienda della società che gestisce lo Studio dentistico – è bene procedere con la massima attenzione.
Ognuna di queste strade, infatti, ha i suoi pro ed i suoi contro.
In via molto sintetica e approssimativa si può dire che, se è vero che generalmente la compravendita di quote è fiscalmente più conveniente per l’alienante (e questo, ovviamente, può comportare migliori condizioni economiche per entrambe le parti per riduzione del c.d. “carico fiscale”), è però altrettanto vero che chi acquisisce le quote di una società rischia di incappare in sopravvenienze passive inaspettate (ad es. perché “vengono fuori” debiti tributari e/o contenziosi riferiti agli anni della passata gestione).
Viceversa, ai sensi dell’art. 2560 Cod. Civ., chi acquista un’azienda risponde, in solido con l’alienante, dei debiti anteriori al trasferimento, solo se essi risultano dai libri contabili obbligatori (ad eccezione dei debiti pregressi verso i lavoratori e dei debiti tributari, in relazione ai quali, però, può essere richiesto all’amministrazione finanziaria un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti: certificato che, se negativo o se non rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta, ha pieno effetto liberatorio del cessionario).
Di prassi, pertanto, soprattutto quando l’operazione si perfezionerà tramite la compravendita delle quote della società che esercita e gestisce lo Studio dentistico, prima del closing viene svolta dal compratore, mediante il ricorso a professionisti e soggetti esperti, una due diligence sulla società stessa, volta ad approfondire i principali aspetti legali o contabili-fiscali ed a rilevare eventuali criticità per il futuro acquirente. I suddetti professionisti, infatti, analizzano tutte le informazioni relative allo Studio, rilevanti ai fini dell’operazione: e, quindi, ad es. la struttura societaria e organizzativa, con particolare riferimento allo statuto ed i patti parasociali che regolano le principali dinamiche societarie; la correttezza dell’attività contabile, al fine di verificare sia la possibilità o meno di future problematiche di tipo fiscale-tributario, sia l’effettiva operatività economico-finanziaria dello Studio e, ancora, gli aspetti giuridico-legali dei più importanti rapporti giuridici nei quali la società è parte (locazione, assicurazioni, leasing, rapporti di lavoro, forniture etc.). Solo all’esito di un’attenta e approfondita due diligence, quindi, è possibile avere un quadro chiaro sulla fattibilità dell’operazione e su eventuali, specifiche condizioni contrattuali, da predisporre ad hoc per quella determinata operazione.
Un altro rischio da considerare nelle operazioni di m&a è rappresentato dalla possibilità di perdita di fatturato o, comunque, da un abbassamento delle performance dello Studio, a seguito del cambio dei vertici societari e, soprattutto, della minor centralità delle “vecchie” figure apicali.
Per mettere al riparo l’acquirente da questi rischi, nella prassi delle operazioni di m&a, si è soliti prevedere una clausola c.d. di earn-out: si prevede, cioè, di differire una parte del pagamento ad un momento successivo al closing dell’operazione (ad es. 18 mesi) e, allo stesso tempo, di legare il prezzo finale al fatturato e/o in generale alle performance dello Studio, riferiti non al momento del closing ma ad un momento successivo (ad es. dopo 12 mesi dal closing).
Un esempio pratico, molto semplice: pattuito per 100 il prezzo, se ne pagano 90 al closing e 10 dopo 18 mesi a patto che il fatturato dell’anno successivo al closing non scenda di più del 10% rispetto al fatturato medio degli ultimi anni.
Ovviamente, nella prassi, le clausole di earn-out sono molto più articolate rispetto all’esempio e vanno ritagliate ad hoc sulla base alle specificità dell’operazione in questione.
Una peculiarità delle operazioni di m&a che si perfezionano con cessioni di quote societarie è la possibilità, per l’acquirente, di non acquisire sin da subito la totalità dello Studio (cioè delle quote della società che lo gestisce) ma di procedere ad un’acquisizione graduale: cioè con l’acquisto, prima, di una quota di maggioranza e poi, successivamente, della restante parte.
In questo scenario, quindi, per un certo periodo di tempo, è previsto che il “vecchio” dominus, rimanendo titolare di una quota di minoranza ed eventualmente con un posto nel consiglio di amministrazione, traghetti ancora la società, affiancando il nuovo soggetto, socio di maggioranza, nel percorso che lo porterà ad assumerne la piena proprietà.
Anche in questo caso è necessario prevedere la durata di questa “convivenza” sulla base delle peculiarità della singola operazione.
Il miglior strumento contrattuale per garantire le posizioni e gli interessi di entrambe le parti, ad avviso di chi scrive, è rappresentato dalle opzioni di put/call.
Un’opzione, in generale, è un vincolo col quale un soggetto si obbliga unilateralmente con un altro soggetto a concludere un futuro contratto, qualora quest’ultimo dichiari, in futuro, la propria volontà in tal senso (art. 1331 Cod. Civ.).
Nella prassi di questo tipo di operazioni, si possono prevedere due distinte opzioni, entrambe da esercitarsi solo a partire al termine del suddetto, prefissato, periodo di “convivenza”: la prima opzione (di “call”) garantirà al nuovo socio il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare la quota di minoranza del “vecchio” socio; la seconda opzione (di “put”) garantirà, invece, al “vecchio” socio il diritto, ma non l'obbligo, di vendere la propria quota al “nuovo” socio.
Con questo strumento contrattuale, pertanto, ciascuna parte è sicura che, indipendentemente dall’altra parte, potrà concludere (a seconda) l’acquisizione o la vendita.
Il prezzo di acquisto/vendita, a seguito dell’esercizio dell’opzione di put/call, può essere già predeterminato al momento del primo closing o, come ritengo preferibile, determinabile in funzione delle future performance societarie (ad es. tra 5 anni Tizio avrà diritto ad acquistare il 10% di Caio, e quest’ultimo di vendere il proprio 10% a Tizio, per una somma pari al 10% dell’utile lordo della società moltiplicato per X).
In tale caso, infatti, da un lato il “nuovo” socio di maggioranza (soprattutto se avrà anche pattuito una clausola di earn-out) sarà al riparo da rischi legati a cali di performance, dall’altro il “vecchio” socio sarà incentivato ad adoperarsi per far funzionare al meglio la società (perché la sua quota di minoranza tanto più varrà quanto più la società, nel futuro, sarà performante).
Ovviamente le clausole e gli strumenti sopra sinteticamente illustrati (nelle loro linee essenziali) vanno adattati, con molteplici e diversi sfaccettature, caso per caso, a seconda delle peculiarità tipiche di ogni operazione e, sempre con riferimento al singolo specifico caso, possono essere accompagnati da altre previsioni ad hoc (primi fra tutti: patti parasociali, modifiche statutarie, contratti a latere etc.).
È quindi importante, nelle cessioni/acquisizioni di Studi dentistici, affidarsi a consulenti esperti non solo, in generale, di prassi e contrattualistica delle operazioni di m&a, ma, anche, con una specifica e consolidata esperienza sugli aspetti economico-operativi e legali-tributari del mondo professionale e, in particolare, di quello medico-odontoiatrico.
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