CONSULENTE FINANZIARIO
17 febbraio 2023

L’ingresso nel mercato da parte del mondo imprenditoriale

Giangiacomo Buzzoni

Nell’ambito delle attività professionali, il mercato degli studi dentistici è stato uno dei primi ad essere oggetto di interessamento da parte del mondo imprenditoriale, con l’ingresso circa 15 anni fa delle c.d. catene dentali, società di capitali sovente partecipate da fondi e investitori esteri. Oggi quella che viene definita l’“odontoiatria organizzata” rappresenta circa il 2% del mercato, ma cura più del 10% dei pazienti. Questi operatori hanno sostanzialmente accelerato il processo di imprenditorializzazione dell’attività professionale, applicando logiche aziendali all’organizzazione del lavoro:

  • standardizzazione e ottimazione dei processi organizzativi;
  • spersonalizzazione dell’attività e realizzazione di brand strutturati;
  • utilizzo di risorse manageriali;
  • attività di marketing e comunicazione;
  • controllo di gestione.

È stato proprio l’avvento di realtà con un approccio orientato al marketing e alla comunicazione ad aver portato il paziente a vedere l’offerta odontoiatrica non più come una mera prestazione sanitaria, bensì come una prestazione che si inserisce nell’ambito di una più ampia “esperienza di consumo”. Il paziente viene avvicinato tramite una proposta che si presenta attraente, non solo in termini economici (convenienza economica in realtà poi non sempre riscontrata), ma anche in termini più ampi: maggiore e migliore organizzazione, cura della relazione “commerciale”, offerta di strumenti finanziari, maggior fruibilità al servizio in termini sia di location (sovente presso aree commerciali, con facilità di parcheggio) sia di maggiore elasticità di orari e di giorni di apertura.


Sono però emerse delle criticità, in quanto la corsa “ossessiva” all’utile, tipica della visione imprenditoriale, ha avuto nel breve anche degli effetti negativi:

  • minor attenzione agli standard qualitativi causato dall’impiego sovente di professionisti giovani, inesperti e a basso costo;
  • scelta di terapie funzionali alla miglior resa delle prestazioni in termini di marginalità immediata (meglio un impianto subito che una terapia conservativa a lungo termine);
  • spaesamento del paziente dovuto alla perdita della stabilità del rapporto fiduciario con il titolare dello studio, a vantaggio di una spinta alla turnazione dei professionisti impiegati dalla struttura;
  • aumento del contenzioso legato a responsabilità professionale e conseguente ricaduta sull’immagine reputazionale della struttura.

Una possibile inversione di tendenza da parte degli imprenditori del dentale?
Sulla base delle criticità sopra evidenziate e probabilmente anche in ragione della saturazione dei centri commerciali ove aprire cliniche dentali, si stanno affacciando ora sul mercato dei player imprenditoriali che si fanno portatori di una progettualità diversa. Sebbene sia ancora presto per parlare di una consolidata inversione di tendenza, pare che ora l’obiettivo delle catene dentali, o comunque di quelle più evolute, sia quello di abbinare l’applicazione delle logiche aziendali con:

  • alto livello degli standard qualitativi delle prestazioni sanitarie;
  • importante coinvolgimento del titolare della clinica nel progetto imprenditoriale;
  • investimenti nella formazione.

Questi imprenditori hanno quindi compreso che l’organizzazione aziendale non può prescindere dalla qualità della prestazione professionale, bensì che debba essere di supporto alla medesima, al fine di consentire al professionista di fornire ai pazienti un servizio altamente qualificato. Per questo motivo diviene importante il coinvolgimento nel progetto del titolare dello studio, il quale non solo avrà il compito di accompagnare la pazientela nel percorso di fidelizzazione verso la nuova struttura, ma potrà anche cooperare e vigilare ai fini del mantenimento degli standard qualitativi in essere prima dell’ingresso dell’imprenditore.

E i professionisti come si collocano nel mercato del M&A delle attività odontoiatriche?
I dentisti, sia pure con numeri molto inferiori di quanto avviene nel mondo dei commercialisti, sono recentemente tornati ad impegnarsi nelle operazioni di acquisizione di studi dentistici. L’emergenza sanitaria, la quale accelera il processo di decadenza dello studio mono professionale a causa della sua fisiologica difficoltà ad affrontare le crisi di mercato, sta aprendo delle vere e proprie praterie inesplorate per chi ha la lungimiranza e lo spirito di iniziativa necessari. Sulla base di quanto emerso con riferimento alle catene dentali, quali possono essere le riflessioni che si possono proporre ai professionisti interessati ad affrontare il mercato delle aggregazioni di studi dentistici? Senza ambizione di esaustività:

  • il professionista deve studiare e fare sue le positività dell’approccio imprenditoriale al mondo professionale: ciò in quanto una migliore organizzazione si traduce in efficienza e in maggior marginalità, a sua volta necessaria a garantire la qualità della prestazione;
  • il professionista non deve fare l’errore di sottovalutare e sminuire i plus tipici del suo DNA: indipendenza, preparazione, aggiornamento continuo, perizia, responsabilità;
  • il professionista deve rendersi conto che, per intraprendere questi percorsi e fronteggiare la concorrenza del mondo imprenditoriale, deve presentarsi sul mercato in forma aggregata e integrata con altri professionisti, non disdegnando ove necessario la partecipazione al progetto di altri soggetti: solo così potrà avere la capacità e la forza per creare strutture in grado di fornire prestazioni di qualità in un contesto di efficienza.

Dunque, a ben vedere, riflessioni pertinenti ai processi aggregativi riguardanti tutte le categorie professionali.

Analisi congiunturale ANDI
Nell’ultimo report di ANDI si evince che quelli degli odontoiatri sono studi piuttosto piccoli. Un altro dato molto importante è il numero dei riuniti all’interno dello studio: il 67,2% è riferito a studi con un massimo di 2 riuniti, il 28,3% da 3 a 4 riuniti e solo il 4,5%sono studi grandi, con oltre 5 riuniti.
Il risultato più eclatante è la progressiva erosione del modello monoprofessionale, il dentista da solo, titolare del suo studio, coadiuvato o meno da personale di vario tipo. Nel 2020 le fattispecie che contemplavano lo studio monoprofessionale erano il 68,1%, mentre nel 2021 si riducono al 59,3%. Facendo riferimento alle modalità esclusive e, cioè, al caso in cui il dentista esercita la professione in una sola ed esclusiva modalità, tale modello scende dal 58,0% del 2020 al 55,9% del 2021.
E quindi se ne evince che gli studi monoprofessionali, sono oggi circa la metà di tutte le modalità esistenti. Se si guarda al fenomeno sotto un ulteriore profilo, quello della titolarità o meno dello studio, si acquisisce un terzo profilo di osservazione. Il dentista titolare scende dal 53,5% del 2020 a 51,2% del 2021. Nell’insieme questi risultati (ottenuti studiando il fenomeno da più prospettive analitiche) implicano che gli eventi del biennio 2020-2021 hanno prodotto una non trascurabile uscita dalla “titolarità”, ovvero, dagli oneri che comporta una gestione autonoma degli studi e, in conclusione, dal modello professionale tradizionale del paese.

Immagine di DCStudio - Freepik

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