CONSULENTE DI ORGANIZZAZIONE

12 febbraio 2020

Indici Sintetici di Affidabilità 2019: l'anno zero

By Alfredo Piccaluga



Il 2019 è stato ricco di novità fiscali che hanno interessato gli studi odontoiatrici. Cagionando più di un sussulto. Ma se ricorderemo quest’anno, alla stregua di una svolta, sarà senza dubbio per gli ISA. Ossia gli Indici Sintetici di Affidabilità. Come noto, il legislatore aveva promesso di accantonare gli studi di settore, a lungo accusati di rappresentare uno strumento vessatorio. Una sorta di minimum tax pensata per giustificare pretese fiscali anche ai danni di professionisti in difficoltà economica, se non addirittura in perdita. Dando ad intendere di introdurre uno strumento di compliance, il legislatore ha sì abolito gli Studi di Settore, ma ha introdotto di rimando gli ISA. Nella sostanza non si tratta di uno strumento realmente nuovo. Ma in questo primo anno di sperimentazione, non tutti hanno capito di cosa si tratti. Gli ISA non sono altro che studi di settore “ricopertinati” che aggiungono dati precalcolati dall’Erario a fronte di informazioni provenienti da banche dati fiscali e dati che riguardano altri anni. Si mette in relazione l’anno in questione con quelli precedenti al fine di analizzare lo sviluppo professionale o imprenditoriale, esprimendo su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente. Apparentemente semplice. Ma cosa li ha resi così invisi allora? Una pluralità di ragioni. Innanzitutto l’impreparazione statale. Per poter elaborare le dichiarazioni dei redditi era fondamentale poter disporre dei software e dei dati precalcolati messi a disposizione dal legislatore. Strumenti che, però, sono stati predisposti e diffusi solo a metà giugno. Ossia a pochi giorni dalla scadenza delle dichiarazioni fiscali. Con il risultato che, forse, per la prima volta nella storia, la scadenza per l’elaborazione delle imposte ed il relativo primo versamento è stata prorogata sino al 31 ottobre. Mai come quest’anno i contribuenti hanno percepito il disagio dichiarativo. Come se non bastasse il software si è rivelato da subito deficitario, per cui è stato implementato diverse volte, sette per l’esattezza, costringendo a continui ricalcoli. L’ultimo aggiornamento pubblicato risale addirittura al 4 novembre 2019. Ossia a ben quattro giorni dopo la data di scadenza per il pagamento delle imposte. Si è poi appurato che la compilazione del modello ISA conteneva dei dati precalcolati dall’Agenzia che non potevano essere modificati anche se non corretti. Il contribuente si trovava così a dover accettare errori grossolani, salvo poter fornire elementi esplicativi sugli eventuali disallineamenti, compilando le apposite “note aggiuntive”. Va poi detto che anche problematiche finalmente risolte negli studi di settore, finivano con il riproporsi negli ISA. Un passo indietro insomma. Ad esempio nella tabella delle attività mancavano voci come “Conservativa” e “Igiene e Prevenzione”. Il che costringeva a sommarle genericamente in: “Altre specializzazioni odontoiatriche”. Appena l’anno precedente erano state finalmente separate le attività di “Conservativa” ed “Endodonzia”. Successo frettolosamente accantonato con i nuovi ISA, nei quali la voce “Conservativa” veniva addirittura omessa. I modelli poi non tenevano conto delle differenze strutturali esistenti tra le nuove società di capitali, dotate di oggetti sociali ampli e variegati, ed i classici studi odontoiatrici. Realtà spesso molto diverse, sebbene condividessero il medesimo ISA. Il lavoro del titolare di studio non trovava spazio sul software, non rendendo comprensibile come ne venisse valorizzato l’apporto mentre, di rimando, la presenza di dipendenti veniva registrata con coefficienti positivi elevati. Sebbene, notoriamente, il dipendente di studio non produce direttamente, ma assiste nella produzione. Non è cioè, non autonomamente almeno, un elemento tanto indicativo sul reddito quanto registrato dal nuovo strumento. L’impressione degli addetti ai lavori fu da subito che i softwaristi al servizio dell’erario, per predisporre le opportune tabelle, fossero piuttosto all’oscuro dell’attività odontoiatrica. La somma di queste mancanze scatenò le critiche dei Commercialisti. Non solo il loro consiglio Nazionale (CNDCEC), ma anche AICDC (Associazione Italiana Dottori Commercialisti) e UNGDCEC (Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili). I quali arrivarono anche a chiedere le dimissioni dei Garanti del Contribuente per violazione dello “Statuto dei Diritti del contribuente”. Polemiche alle quali si unirono anche i Consulenti del Lavoro. Ed infine tutte le principali categorie professionali del settore. Ma le loro richieste rimasero per lo più inascoltate. Così – in un clima tutt’altro che sereno – si è chiuso il primo anno di sperimentazione di uno strumento che promette di gravare significativamente sulla pianificazione futura di ogni studio odontoiatrico. Non v’è dubbio quindi che il 2019 sia stato l’anno ZERO degli ISA.

Articolo pubblicato sul Dental Tribune Italia