IGIENE ORALE
02 aprile 2020

Smart home care

Roncati M.

Introduzione
Una congrua igiene domiciliare può influenzare in modo significativo le condizioni di salute orale. È un concetto noto, ma più che mai in questo periodo merita di essere avvalorato. In occasione di ogni congresso/evento, a cui ho avuto l’onore di partecipare, la prima diapositiva, dopo quella introduttiva dell’argomento, con il titolo della presentazione, è quella riprodotta nella figura 1a. Tale diapositiva voleva sottolineare quali erano le premesse e le conclusioni dei concetti illustrati nella conferenza. I fattori più rilevanti, nel determinare il successo di un trattamento odontoiatrico, in particolare di una gestione non chirurgica, in presenza di una infiammazione placca-indotta, sono quelli evidenziati dal cerchio azzurro (Fig. 1a). Certamente l’impegno del clinico in una ri-motivazione continua di ogni soggetto in cura è il principale in ordine di importanza, a seguire una efficace terapia eziologica, che mira a rimuovere professionalmente la noxa patogena, composta da biofilm. La cavità orale umana ospita un complesso microbioma composto da batteri, protisti, archei, funghi e virus1, 2. È dunque ricco di batteri e presenta una componente virale, di cui, proprio al giorno d’oggi, possiamo capirne il potenziale aggressivo. Terzo punto chiave: l’approccio non chirurgico dovrebbe essere sempre la prima fase di trattamento, seguita eventualmente da una gestione chirurgica del caso, se non si sono raggiunti gli obiettivi o una stabilità clinica, che soddisfa le aspettative del paziente e del team odontoiatrico. Tutto ciò che viene elencato nella diapositiva, al di sotto del cerchio azzurro (Fig. 1a), riguarda una serie di apparecchiature, prodotti, sostanze, medicinali, eccetera, che pur trovando indicazioni, sono sempre aggiuntive e mai da utilizzare come monoterapia3. Frequentemente nelle fasi iniziali di un impegno didattico, presentavo un caso che in primis aveva sorpreso anche me, per la sua evoluzione positiva, ma che mi permetteva di oggettivare quanto rilevante fosse la performance domiciliare del paziente e la sua adesione alle raccomandazioni di igiene orale, fornite in modo sempre personalizzato alle esigenze individuali di ciascuno.


Fig. 1a - Diapositiva che illustra le premesse e le conclusioni relative a un trattamento non chirurgico delle malattie parodontali e peri-implantari.


Materiali e metodi

In seguito ad una accurata valutazione iniziale, comprensiva della raccolta degli indici parodontali biometrici (Fig. 2a), si diagnosticava la presenza di malattia parodontale in forma moderata e generalizzata in una paziente A.M., di 48 anni, visitata per la prima volta nel 2013. Contestualmente si era proposto alla paziente il seguente protocollo clinico, come di routine in caso di infiammazione placca indotta. Quattro appuntamenti di strumentazione parodontale non chirurgica, ciascuno di un’ora3-9, ad eccezione del primo, di due ore, per permettere l’esecuzione di uno status a radiografico completo (Fig. 1b) e la motivazione, in maniera particolarmente personalizzata e in un rapporto vis-à-vis con il paziente, da parte di un componente del team odontoiatrico. La paziente è stata seguita con un programma di mantenimento che prevedeva sedute di profilassi, con periodicità trimestrale, come si raccomanda a tutti i pazienti che hanno manifestato vulnerabilità alla patologia parodontale. La rivalutazione del caso (Fig. 2b), previa documentazione degli stessi valori biometrici parodontali ottenuti in prima visita (Fig. 2a), accerta un miglioramento generalizzato dei valori di sondaggio (Figg. 3, 4). Sono state inoltre eseguite radiografie periapicali dei siti, spesso indicate a un anno di distanza dal trattamento iniziale, per trovare conferma di un miglioramento anche a livello della qualità della mineralizzazione ossea (Figg. 5b, 9b), rispetto al radiogramma baseline (Figg. 5a, 9a).



Il protocollo di trattamento parodontale non chirurgico laser assistito (Figg. 6a, 8a) ha previsto l’utilizzo di un laser a diodo 980 nm (a) (Wiser 2, Doctor Smile, Lambda S.p.A., Vi) con i seguenti parametri:
Lunghezza d’onda: Laser a Diodo 980 nm;
Potenza: 2,5 W – media 0,7 W - 10 Khz (10.000 Hz);
Modalità: micro-pulsata (ps) Time Ton = 30 microsecondi (μs) Time Toff = 70μs 30%;
Fluenza: 120 J/cm2;
Tempo: 30 secondi/tasca (30’’ X 3);
Fibra: 0,400 mm (400 μ) non attivata in assenza di anestesia.

Il laser a diodo è stato utilizzato prima e dopo la strumentazione parodontale non chirurgica, utilizzando sia strumenti ad ultrasuoni (Combi, Mectron S.p.A., GE) (Fig. 6b), (Piezon® Master 700, EMS S.A. Nyon, Svizzera) (Fig. 8b), che strumenti manuali.

Dal secondo anno in poi, in caso di stabilità clinica del caso, i richiami di igiene professionale possono essere leggermente diradati: ogni quattro mesi, ossia tre volte all’anno. È dovere, comunque del clinico aggiornare la diagnosi ad ogni appuntamento di richiamo con un sondaggio circonferenziale di tutti i siti, prima di eseguire una strumentazione parodontale non chirurgica, affinché risulti sempre sito specifica1.

In occasione di un appuntamento di richiamo, al quarto anno di follow-up, si riscontra un sondaggio di 7 mm, associato a sanguinamento sull’aspetto mesio-vestibolare del primo molare mascellare di destra. Si propone alla paziente non solo la radiografia di tale sito, ma uno status radiografico completo (Fig. 10), visto che erano trascorsi quattro anni dal precedente (Fig. 1b). Nella radiografia periapicale (Fig. 12) si riscontra una radiotrasparenza evidenziata dal cerchio rosso, indicativa di un difetto osseo, associato al sospetto di coinvolgimento della biforcazione, per la presenza di una “freccia”/triangolo di radiotrasparenza, evidenziato dalla linea tratteggiata bianca (Fig. 12). Mentre la maggior parte degli altri siti si mantenevano in una condizione di stabilità clinica, accertata sia con un accurato sondaggio circonferenziale dell’intera cavità orale, che anche dalla valutazione dello status radiografico completo (Fig. 10). Nelle due radiografie interprossimali, tipo bite-wing si apprezza una architettura ossea molto meglio rappresentata (Fig. 11b) rispetto alla radiografia di baseline (Fig. 11a).

Sempre in occasione dello stesso appuntamento di richiamo al quarto anno di follow-up, e dopo la valutazione diagnostica dello status radiografico e di ogni singola radiografia (Figg. 10, 12), si propone al paziente una gestione chirurgica della criticità rilevata. Si spiega inoltre alla paziente che era stato possibile ottenere un miglioramento significativo nella maggior parte dei siti con una modalità non chirurgica, pertanto non invasiva (Figg. 3-9, 11), ma che il monitoraggio e l’aggiornamento continuo della diagnosi aveva individuato una zona che, per le caratteristiche anatomiche meritava un accesso chirurgico (Fig. 12). Si era conseguentemente fissato un appuntamento per l’intervento parodontale, subito dopo il successivo appuntamento di richiamo, mantenuto con una frequenza quadrimestrale. Prima di congedare la paziente, il clinico ha rinfrescato le metodiche di igiene orale domiciliare, utilizzando anche un rivelatore di placca per meglio evidenziare il biofilm da rimuovere nella sede del futuro intervento (Fig. 13), sottolineando il fatto che il risultato a lungo termine di qualsiasi trattamento, anche chirurgico, dipendeva molto dal comportamento igienico domiciliare del soggetto in cura.



Trascorsi altri quattro mesi, la paziente viene sottoposta a una seduta di igiene professionale, fissata circa una settimana prima dell’intervento chirurgico in sede mascellare posteriore di destra, in occasione della quale il clinico esegue un sondaggio circonferenziale di tutti gli elementi dentali, come di prassi, prima della strumentazione parodontale non chirurgica sempre sito specifica. Non si rilevano valori di sondaggio maggiori di 3 mm, anche nella zona dove era stata programmato un giustificato intervento chirurgico. A questo punto viene coinvolto anche il parodontologo, che doveva eseguire la chirurgia, il quale conferma il miglioramento clinico del sito, dopo aver ripetuto il sondaggio nella zona interessata. Contestualmente è stato realizzato anche un videoclip, visibile qui sotto, che illustra la fase di sondaggio circonferenziale, dove si osservano valori di sondaggio nella norma, in assenza di sanguinamento, nonostante tale manovra sia stata eseguita ripetutamente e da più operatori.

È risultato ovvio chiedere alla paziente cosa avesse fatto di specifico per questa zona nei quattro mesi precedenti. La risposta della paziente era stata decisa e risoluta: «Ho seguito i consigli che mi aveva dato, in maniera molto scrupolosa. Eseguivo tutte le manovre di igiene domiciliare tre volte al giorno: al mattino appena sveglia, dopo pranzo e dopo cena. Iniziamo sempre a spazzolare i denti, partendo dalla zona infiammata che mi avevate segnalato, ho sempre passato lo spazzolino interdentale intinto in un gel di clorexidina, almeno due volte al giorno, come mi era stato raccomandato in anticipo, soprattutto per la fase post chirurgia parodontale».

Tutto il team odontoiatrico si è complimentato con la paziente che ha dimostrato una efficace performance domiciliare a tal punto da rendere non urgente la gestione chirurgica del sito, che per il momento viene rimandata. La paziente viene congedata fissando il successivo appuntamento di igiene professionale, come di routine, dopo altri quattro mesi, in occasione del quale l’area mascellare posteriore di destra verrà sottoposta ad una accurata rivalutazione, tramite anche radiografia periapicale (Fig. 14), eseguita dunque otto mesi dopo quella rappresentata nella figura 12. Attualmente il caso ha quasi tre anni di follow-up dall’episodio di instabilità clinica e 7 complessivi dalla visita iniziale. In occasione dell’ultimo richiamo di igiene a gennaio 2020, sono state aggiornate le fotografie del caso (Figg. 15a-15c).



Conclusioni
La paziente ha sempre manifestato un controllo igienico alquanto soddisfacente, da quando è entrata in cura presso l’ambulatorio dell’autore e dopo ripetute sessioni di motivazione nelle tecniche di igiene orale domiciliare da parte di tutto il team odontoiatrico.

Un tale risultato, seppur sempre non predicibile, può risultare possibile, soprattutto in considerazione del fatto che la maggior parte degli altri siti della cavità orale avevano beneficiato di un trattamento non chirurgico, laser assistito, con 4 sedute iniziali, ognuna di un’ora di strumentazione con strumenti convenzionali, ma soprattutto del fatto che la paziente aveva rispettato il programma di mantenimento con richiami trimestrali nel primo anno e quadrimestrale negli anni successivi. Inverosimile prevedere una tale evoluzione clinica associata alle fasi iniziali del trattamento dopo la prima visita.

Sicuramente la performance igienica domiciliare si è dimostrata il singolo fattore più significativo nell’influenzare l'evoluzione clinica di questo specifico caso e le modalità della sua gestione.

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