Caratteristiche dell’ozono
L’ozono è un gas incolore presente nell’atmosfera. Per molti anni è
stato usato per purificare l’acqua in tutto il mondo, grazie alla sua
capacità di poter uccidere batteri,funghi, virus e parassiti a basse
concentrazioni1.
L’ozono è un composto chimico costituito da tre atomi di ossigeno (O3
-triatomico di ossigeno), una forma energetica superiore
rispetto al normale ossigeno atmosferico (O2). Il peso molecolare
dell’ozono è 41,98 g/mol ed è un potente ossidante2. Una molecola di ozono è uguale a 3000-10.000 molecole di cloro e uccide l’organismo patogeno 3500 volte più velocemente3.
Negli ultimi 50 anni, sono stati condotte varie ricerche sui fluidi
ozonizzati per il controllo delle infezioni e nella gestione delle
ferite. L’applicazione dell’ozono in parodontologia deriva dalle sue
proprietà fisico-chimiche. Le sue azioni conosciute sul corpo umano sono
antimicrobiche, analgesiche, immunostimolanti, antipossidici e
detossicanti4.
Analizziamo singolarmente le varie azioni biologiche dell’ozono:
- Effetto antimicrobico: L’effetto antimicrobico dell’ozono è dovuto
all’ozonolisi dei doppi legami della membrana citoplasmatica delle
cellule attaccate e alla modifica dei contenuti intracellulari causati
da effetti ossidanti secondari. Questa azione è selettiva nei confronti
delle cellule microbiche, ma non danneggia le cellule del corpo umano a
causa della loro maggiore capacità antiossidante5.
- Effetto immunostimolante: l’ozono influenza il sistema immunitario
cellulare e umorale. Stimola la proliferazione di cellule
immunocompetenti e la sintesi di immunoglobuline, inoltre attiva la
funzione dei macrofagi e aumenta la sensibilità dei microrganismi alla
fagocitosi. L’ozono provoca la sintesi di sostanze biologicamente attive
(es:interleuchine) che sono utili per ridurre l’infiammazione e
favorire la guarigione delle ferite6.
- Effetto antipossidico: l’ozono migliora il trasporto di ossigeno nel
sangue che si traduce in un cambiameno del metabolismo cellulare (ad
esempio l’attivazione di processi aerobici come la glicolisi o il ciclo
di Krebs), con conseguente miglior metabolismo dei tessuti infiammati e
riducendoli7.
- Effetto biosintetico: attiva i meccanismi di sintesi proteica
aumentando la quantità di ribosomi e mitocondri nelle cellule. Questi
cambiamenti spiegano il potenziale di rigenerazione dei tessuti esposti.
L’ozono è considerato uno dei più potenti ossidanti in natura, ma il meccanismo d’azione terapeutico, non è del tutto chiaro.
Alcune delle probabili spiegazioni, potrebbe essere legato alla
generazione di perossidi mediante ozonolisi con gli acidi grassi
insaturi nelle membrane cellulari che funzionano come “esaltatori”
fisiologici di vari processi biologici con l’aumento di enzimi
intracellulari con attività antiossidante.
Altre indicazioni, suggeriscono una maggiore adesione delle cellule
polimorfonucleate del sangue periferico verso le linee cellulari
epiteliali dopo l’esposizione all’ozono.
L’ozono terapia per via topica, essendo minimamente invasiva, può essere
utilizzata anche nel trattamento delle lesioni orali senza effetti
collaterali.
Applicazioni del laser per il trattamento delle infezioni parodontali e perimplantari
Gli impianti dentali hanno rivoluzionato in modo inimmaginabile
l’odontoiatria nel secolo scorso. I pazienti parzialmente o
completamente edentuli hanno avuto la possibilità di riabilitare la
masticazione con restauri fissi che presentano pressocchè la stessa
funzionalità dei denti naturali. Gli studi a lungo termine, hanno
mostrato che la terapia implantare ha un tasso di prevedibilità e
successo, molto alta.
Perché questo avvenga, è fondamentale che la superficie dell’impianto
rimanga all’interno dell’osso vitale per tutta la vita funzionale
dell’impianto stesso, che mantenga dunque una buona osteointegrazione.
Con l’incremento degli impianti però, si sono evidenziate delle
complicanze biologiche associate e quasi il 48% dei casi implantari, ha
mostrato cenni di malattia implantare8.
La parodontite e la peri-implantite sono delle malattie infiammatorie che coinvolgono le strutture di supporto dei denti9,
e di conseguenza il fondamento principale della terapia parodontale è
l’eliminazione dei depositi batterici e delle nicchie rimuovendo il
biofilm sopragengivale e sottogengivale10.
Dato l’aumento dell’impiego di impianti dentali, non è una sorpresa che
recenti ricerche epidemiologiche abbiano mostrato tassi di insorgenza
medi del 43% di mucositi e 22% di perimplantiti11.
Lo scaling and root planning sono la terapia elitaria nel trattamento di
queste problematiche infiammatorie quando si interviene in modo non
chirurgico12, ma spesso nei casi più gravi il trattamento fallisce13.
Sono state sviluppate diverse modalità di trattamento aggiuntive per cercare di superare i limiti del solo trattamento classico14, e il laser è uno di questi15.
Vari studi hanno dimostrato che oltre la terapia meccanica, la terapia
laser può causare la riduzione dell’infiammazione nel tessuto gengivale16-18.
Questo approccio aggiuntivo, presenta importanti vantaggi come gli
effetti battericidi e di disintossicazione, oltre alla possibilità di
poter raggiungere siti profondi dove la strumentazione meccanica non
potrebbe arrivare19.
Tendenzialmente l’impiego del laser a diodi nel campo della
parodontologia, si presenta sottoforma di terapia LLLT (low-level laser
teraphy) e PDT (terapia fotodinamica).
La terapia fotodinamica prevede l’utilizzo di un laser a diodi a bassa
potenza e di composti fotosensibilizzanti. Il composto
fotosensibilizzante si lega alle cellule bersaglio e, quando è irradiato
da una luce con una specifica lunghezza d’onda, in presenza
dell’ossigeno, subisce una transizione da uno stato fondamentale di
bassa energia a uno stato eccitato di singoletto; in questo modo viene
rilasciato l’ossigeno singoletto e vengono prodotti altri agenti molto
reattivi, che sono tossici per le cellule batteriche bersaglio.
Nella revisione sistematica dal titolo “Effect of photodynamic and laser
therapy in the treatment of peri-implant mucositis: A systematic
review”20, è stato indicato che l’uso della PDT e della LLLT
forniscono una significativa riduzione dell’infiammazione perimplantare,
pur non essendoci una eterogeneità metodologica e informazioni
incomplete sui parametri dei laser e dei fotoreagenti .
Avere la possibilità di poter “colpire” in modo mirato i batteri
pattogeni è di fondamentale importanza dato che l’accumulo di placca
micorbica nella zona suculcare perimplantare è seguita dell’insorgenza
di cellule infiammatorie immunitarie (ad es.macrofagi,linfociti) .
Se la carica batterica non diminuisce, la sua persistenza crea una
risposta esaltata delle cellule immunitarie le quali, tramite delle
proteine, possono portare alla degradazione dei tessuti e riassorbimento
osseo26.
L’impiego del laser intorno ai siti implantari è stato dimostrato
efficace in varie terapie cliniche, sia nei trattamenti non
chirurgici27, che nel trattamento chirurgico delle perimplantite28, 29.
La LLLT sfrutta un meccanismo fotochimico, in cui l’energia viene ceduta
ai cromofori intracellulari mitocondriali (molecole capaci di assorbire
la luce): a questo punto l’energia laser viene convertita in energia
metabolica tramite la catena respiratoria con conseguente produzione di
adenosina trifosfato (ATP)30, 31.
Gli effetti della LLLT vengono attribuiti alla lunghezza d’onda, alla
densità di potenza e alla densità di energia (o fluenza) e sembrano
associati alla caratteristica monocromaticità della luce laser32.
Tuttavia, non è stato possibile trarre delle conclusioni definitive a
causa della eterogeneità dei vari tipi di laser, le loro lunghezze
d’onda, casi non standardizzati, il tipo di approccio chirurgico o non
chirurgico scelto.
Sono assolutamente necessarie future ricerche per enfatizzare i vantaggi
specifici di ogni laser specifico. Fino ad allora, continuerà a
perseverare lo scetticismo riservato alle nuove modalità di trattamento33.
Case report
Come parte del lavoro di tesi del master universitario di I livello per
igienisti dentali tenutosi presso l’Istituto Stomatologico Toscano nel
corso del 2019, ho svolto i presenti case-report.
Colgo l’occasione per ringraziare la Prof.ssa Anna Maria Genovesi.
Supporto del laser e dell’ozono nel trattamento della perimplantite
Paziente di sesso maschile, 78 anni, non fumatore, con anamnesi
esclusivamente positiva per precedenti problematiche di cisti ai reni,
assenza di allergie a farmaci e probabile familiarità in riferimento
alla malattia parodontale.
Il paziente riferisce gonfiore, dolore alla masticazione e presenza di sangue misto a pus nei settori frontali superiori.
Durante l’esame obiettivo (Fig. 1) si riscontra la presenza di vari
impianti, scarsa igiene domiciliare con placca generalizzata.
Tra gli elementi 1.1 e 1.2 si manifesta un ascesso parodontale in associazione a pus.
Il paziente riferisce di avere una panoramica risalente al 2016 (Fig. 2)
e dopo aver verificato che non ci siano stati ulteriori interventi in
questi 3 anni, si nota come gli elementi 1.2., 1.1, 2.1, 2.2 risultino
incapsulati e uniti tra loro e degli stessi, 1.1 e 2.1 impianti
posizionati circa 20/25 anni fa.
Fig. 1_Esame obiettivo.
Fig. 2_Ortopanoramica del 2016.
Durante il primo incontro, il paziente riferisce di non avere grandi
disponibilità economiche e che vorrebbe cercare di mantenere il più
possibile la situzione stabile senza investire grosse somme di denaro.
Si comunica al paziente che la situazione è molto delicata e presenta
delle problematiche che potranno incidere sul risultato finale, inolte
la risoluzione del problema richiederà un grande impegno nel
mantenimento domiciliare.
Materiali e metodi
In accordo con il paziente, e dopo avergli fatto firmare i dovuti
consensi, si decide di intervenire con un laser a Diodo 810 nm sia in
modalità parodontale decontaminante, sia in modalità di
fotobiostimolaziona pDTA in associazione alla strumentazione classica
con curette in titanio.
Contestualmente, verranno date al paziente delle indicazioni riguardo
alle manovre di igiene domiciliare e consegnate delle bustine di gel
ozonizzato da applicare la sera.
Si decide inoltre di non intervenire con antibiotici (almeno
momentaneamente), dato che il paziente non riferisce particolare dolore e
il sito non risulta particolarmente gonfio.
Primo appuntamento
Durante il primo appuntamento si è proceduto a un rapido sondaggio per
valutare la situazione generale e dopo aver constatato insieme al
paziente la presenza di varie zone da trattare, concordiamo
nell’occuparci momentaneamente della zona più grave.
Dopo aver eseguito una rx endorale (Fig. 3) e aver constatato una
importante recessione ossea, si decide di non intervenire con la
strumentazione diretta sul sito interessato, ma di eseguire una seduta
di igiene sopragengivale con strumentario adeguato per impianti in PEEK e
procedere con l’irradiazione della zona 1.1, 1.2 con il manipolo laser
da 1 cm in modalità “antinfiammatoria” (Fig. 4).
Il trattamento laser è stato eseguito con le impostazioni indicate dalla
casa produttrice (Fig. 5) e l’irradiazione è avvenuta per 1 minuto sul
versante vestibolare e 1 minuto sul versante palatale per 2 volte, per
un totale di 2 minuti per parte.
Riguardo alle indicazioni domiciliari, previa istruzione, al paziente è
stato consigliato l’uso di spazzolino sonico associato a due
applicazioni giornaliere (mattina e sera) di gel ozonizzato.
Tenendo in considerazione l’età del paziente e la scarsa regolarità
nella igiene domiciliare, si è cercato di motivarlo il più possibile nel
cercare di rispettare le indicazioni date.
Fig. 3_Rx endorale.
Fig. 4_Trattamento antinfiammatorio.
Fig. 5_Impostazioni laser.
Secondo e terzo appuntamento
Dopo due settimane è stato programmato un controllo per valutare
l’andamento della situazione e si riscontra che, nonostante il paziente
non sia riuscito a mantenere un’adeguato controllo della placca, la zona
trattata, risulta molto meno edematosa e nettamente diminuita la
presenza di pus (Fig. 6).
Il paziente riferisce di aver usato i presidi indicati nel primo
appuntamento, riferendo di avere avuto molta cura nella applicazione del
gel a base di ozono.
Si decide, in ogni caso, di procedere con un’appuntamento per la
strumentazione manuale e sonica del sito con l’utilizzo di curette in
titanio (Figg. 7a, 7b) e punte in peek.
Questo appuntamento risulterà fondamentale come preparazione alla
fotodinamica, poiché è importante avere il minor sanguinamento possibile
durante l’applicazione del foto-attivante.
Nel corso del terzo appuntamento, avvenuto dopo una settimana dalla
strumentazione manuale, si è proceduto al trattamento di foto-dinamica
usando il programma pre impostato dalla casa produttrice, in modo da
poter diminuire ulteriormente la carica batterica.
Con l’ausilio di una siringa con ago smusso, si è inserito il foto
reagente che, una volta lasciato agire per circa un minuto, verrà
attivato con la fonte laser (Fig. 8).
Fig. 6_Controllo dopo igiene e trattamento laser antinfiammatorio.
Fig. 7a_Strumentazione manuale.
Fig. 7b_Strumentazione manuale.
Fig. 8_Applicazione verdeindocianina.
Il trattamento viene svolto con i parametri e il foto reagente indicati dalla casa madre.
Successivamente al trattamento di fotodinamica è stato indicato al
paziente di continuare con i presidi domiciliari indicati in precedenza,
oltre a cercare di rafforzare la compliance nel mantenimento. Il
paziente riferisce di non avere più fastidio nella zona trattata e di
riuscire a masticare senza nessun problema.
Si decide di procedere con un controllo a distanza di 2 mesi per poter
rivalutare l’eventuale guarigione dei tessuti e il mantenimento del
paziente, oltre a effettuare un prelievo di placca che ci permetterà di
avere più chiaro lo stato microbiologico della zona trattata.
Durante il controllo, si riscontra che la zona tra gli elementi 11 e 12
risulta completamente ristabilita da un punto di vista tissutale, oltre a
mostrare una inevitabile recessione sull’elemento 12 dovuta alla
guarigione dei tessuti. Inoltre si apprezza come, nonostante il discreto
sondaggio residuo, vi sia totale assenza di sanguinamento (Fig. 9).
Si procede dunque al prelievo con cono di carta sterile che verrà a sua
volta inserito all’interno di una provetta (anchessa sterile), per poi
essere spedito al laboratorio di analisi (Fig. 10).
Il test microbiologico BPA (Bacterial Periodontal Assessment), eseguito
con metodica Real Time PCR, fornisce un risultato qualitativo e
quantitativo relativamente a popolazioni batteriche, fungine e virali
presenti nel cavo orale, o indicazioni specifiche per singola tasca,
come in questo caso.
Il test può fornire indicazioni sulla composizione complessiva delle
popolazioni presenti nel cavo orale (BPA multisito), o indicazioni
specifica per singola tasca parodontale (BPA sito-specifico, come in
questo caso). Il campionamento viene eseguito mediante un apposito kit,
utilizzando i coni di carta sterili forniti, che devono essere inseriti
all’interno della tasca parodontale/perimplantare del paziente per
almeno 1 minuto.
Dopo il campionamento, i coni vengono inseriti in un’unica provetta (BPA
multisito) o in provette separate e identificate da colori diversi (BPA
sito-specifico) e mandati al laboratorio per essere analizzati. Nel
corso di 10 giorni, viene caricato il referto nell’area riservata del
professionista che ha eseguito la richiesta delle analisi.
Una volta ricevuto il referto (Fig. 11), si evince quello che già
l’esame obiettivo ci aveva mostrato. Nonostante lo scarso mantenimento
da parte del paziente, nonostante il sondaggio importante, il test
microbiologico evidenzia come la conta batterica del complesso rosso,
sia molto bassa. Per quanto riguarda il mantenimento, il paziente è
stato nuovamente istruito alle manovre corrette di igiene orale, oltre
alla assoluta regolarità nei richiami che, almeno nella prima fase sarà
fissato ogni 2 mesi con la possibilità di essere modificato in base al
mantenimento domiciliare.
Fig. 9_Sondaggio.
Fig. 10_Prelievo con cono di carta sterile.
Fig. 11_Referto microbiologico.
Conclusioni
Come già evidenziato precedentemente, sia il laser che l’ozono sono
strumenti che iniziano ad avere una vasta bibliografia nel trattamento
delle problematiche parodontali e perimplantari.
Riuscire a coniugare questi due approcci può aiutare il clinico
nell’intervenire ove vi siano situazioni patologiche, ma essendo due
mezzi con un forte potere battericida, possono svolgere un ottimo ruolo
nel mantenimento delle zone implantari.
Nel caso specifico, considerando l’importanza del processo infiammatorio
nella fase iniziale, la difficoltà nel mantenimento da parte del
paziente, la non facile strumentazione data la parte protesica, è
evidente che l’accoppiata strumentazione laser assistita più ozono
domiciliare abbia avuto un ottimo risultato nel ristabilire una
situazione molto complicata (Fig. 12).
In questi ultimi anni il mondo medico si sta scontrando con il fenomeno
problematico della antibiotico resistenza è dunque di primaria
importanza trovare metodi ulteriori per combattere processi infiammatori
importanti.
Resta fondamentale svolgere ulteriori studi sull’uso combinato di laser e
ozono, in modo da poter individuare tempi di applicazione e parametri
univoci.
Riuscire a standardizzare tutto ciò che concerne il trattamento in
studio e domiciliare, potrebbe indubbiamente aiutare il clinico nel
raggiungere una certa prevedibilità dei trattamenti.
Fig. 12_Confronto pre e post trattamento.
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