La
forma e il volume dell’osso alveolare sono strettamente legati alla
presenza di elementi dentali e del loro asse di eruzione. Quando uno o
più elementi dentali vengono persi o non sono presenti, si verifica un
processo fisiologico di rimodellamento osseo che porta alla perdita del
volume osseo alveolare.
Quando ciò accade, anche i tessuti molli sono interessati da modifiche
ossee con un conseguente rimodellamento1. Recenti studi dimostrano che
la perdita media del volume osseo alveolare 6 mesi dopo l’estrazione
chirurgica è del 46% verticalmente e del 16,5% orizzontalmente2.
L’evidenza in letteratura dimostra che la maggior parte di perdita ossea
a seguito della perdita di un elemento dentario avviene nei primi 6
mesi; successivamente vi è un rimodellamento più graduale3. Infine, la
perdita di osso orizzontale è principalmente a carico dell’osso
vestibolare dell’alveolo, probabilmente a causa della maggiore presenza
di “bundle bone”, che esiste solo in funzione dell’elemento dentale e a
cui sono attaccate le fibre del legamento parodontale. Quando manca il
dente, la porzione di “bundle bone” perde la sua funzione e si
riassorbe4.
A seguito di questo processo di rimodellamento osseo, può essere
difficile per il clinico riabilitare il paziente in modo soddisfacente
dal punto di vista estetico: a seguito della perdita ossea potrebbe non
esserci la possibilità di riabilitazione con un impianto; inoltre, il
rimodellamento dei tessuti molli condurrà a scarsi risultati estetici5.
Per questo motivo, sono stati creati numerosi protocolli di
“preservazione dell’alveolo” (ASP), allo scopo di mantenere il medesimo
volume osseo presente al momento dell’estrazione o della perdita
dell’elemento dentario6.
La preservazione dell’alveolo (ASP) è una procedura dentale in cui, a
seguito dell’estrazione del dente, l’alveolo post-estrattivo viene
zeppato con un materiale da innesto e, quando necessario, posizionata
una membrana a copertura che funge da barriera per i tessuti molli.
Tutto questo viene eseguito per “guidare” il rimodellamento osseo in
modo da consentire un corretto posizionamento implantare che garantisca
risultati soddisfacenti sia dal punto di vista funzionale che estetico7.
La letteratura riporta l’utilizzo di vari materiali per riempire gli
alveoli post-estrattivi: innesti autologhi, allogenici, xenogenici,
alloplastici e altri materiali come il plasma ricco di piastrine, la
fibrina ricca di piastrine, la proteina morfogenetica dell’osso e la
terapia cellulare8.
L’osso autologo rappresenta ancora il “gold standard” in questo tipo di
trattamento grazie alle sue caratteristiche di osteoinduttività,
osteoconduttività e osteogenicità, tuttavia date le difficoltà di
prelievo, la morbidezza del sito di prelievo e della quantità di osso
non sempre elevata che può essere prelevata, spesso questo non è
l’approccio preferibile per mantenere i volumi post-estrattivi dell’osso
alveolare. Numerosi studi preclinici e clinici hanno descritto la
biocompatibilità e l’integrazione dell’osso bovino deproteinizzato
nell’alveolo post-estrattivo. L’osso bovino deproteinizzato è uno
xenomateriale di origine bovina, privato di tutti i componenti organici
attraverso processi termici; questo viene fatto per ridurre al minimo la
possibile risposta immunitaria9-12.
Un recente studio che ha indagato la composizione dei tessuti alveolari 6
mesi dopo l’estrazione del dente e dell’innesto di osso bovino
deproteneizzato, ha confermato che questo biomateriale ritarda la
guarigione ossea ma consente il mantenimento dei volumi ossei13. Per
aumentare la possibilità di mantenere il volume osseo, l’alveolo
post-estrattivo richiede la copertura con una membrana: la rigenerazione
ossea guidata (GBR ‒ Guided Bone Regeneration)14. La procedura GBR
utilizza membrane che fungono da barriera per evitare l’invasione delle
cellule epiteliali e connettive dei tessuti molli circostanti, fornendo
così cellule osteogeniche, che riportano una velocità di migrazione più
lenta e quindi migliori condizioni per la rigenerazione ossea15.
Anche in questo caso, esistono numerose tipologie di membrane che
possono essere utilizzate per la GBR e tutte devono avere le seguenti
caratteristiche: biocompatibilità, di facile maneggevolezza clinica,
mantenimento dello spazio e integrazione con i tessuti16. Il “gold
standard” è rappresentato dall’utilizzo di materiale autologo rimuovendo
il tessuto molle dal palato del paziente. Tuttavia, questa tecnica non è
priva di complicanze, tra cui: l’ aumento della durata dell’intervento
chirurgico, la necessità di un secondo sito chirurgico, il rischio di
necrosi del tessuto innestato e conseguente guarigione con la formazione
di tessuto fibroso17. Per questi motivi, spesso si opta per l’utilizzo
di membrane xenogeniche che si sono dimostrate in grado di ottenere
risultati soddisfacenti in termini di guarigione sia dei tessuti duri
che molli18. Le membrane riassorbibili di pericardio offrono
un’alternativa al materiale autologo eliminando la possibilità di
relative complicanze ma mantenendone I vantaggi19-21.
In letteratura, sono stati realizzati e ampiamente studiati numerosi
materiali da innesto osseo e membrane barriera. Normalmente, questi
materiali da innesto sono realizzati attraverso un processo di
decellularizzazione di tessuti naturali. Essa ha lo scopo di eliminare
completamente la componente cellulare del tessuto nativo, mantenendo la
più grande quantità possibile di struttura e composizione della matrice
extracellulare originale (ECM)22.
In questo caso particolare, lo xenoinnesto utilizzato è un osso bovino
che è stato decellularizzato seguendo il metodo di Gardin et al. 201523
in cui i granuli di biomateriale non vengono cristallizzati grazie alla
temperatura non eccessivamente elevata raggiunta durante lo shock
termico.
Lo scopo di questi “case series” è quello di analizzare istologicamente
la qualità ossea di un alveolo post-estrattivo 6 mesi dopo la tecnica
GBR realizzata con un innesto di osso bovino decellularizzato con un
nuovo metodo di pulizia e una membrana riassorbile di pericardia bovino e
valutare le prestazioni cliniche e radiologiche di un impianto singolo
inserito nello stesso sito.
Materiali e metodi
Tre pazienti sono stati trattati in uno studio dentistico di Padova
(Italia) nel febbraio 2017. I pazienti godevano di buona salute, non
fumatori e con una buona igiene orale. Agli esami clinici e
radiografici, si è evidenziato in mandibola un molare compromesso in
ciascun paziente. È stata pianificata l’estrazione, la GBR e il
posizionamento di un impianto per sostituire il dente mancante.
Dopo l’anestesia locale, è stato scollato un lembo a spessore totale e
il dente estratto in modo atraumatico (Fig. 1). Successivamente,
l’alveolo post-estrattivo è stato zeppato con granuli di osso bovino
decellularizzato (Re-Bone®, Ubgen, Padova/Italy) e utilizzata una
membrana di pericardio bovino come barriera (Shelter® Membrane, Ubgen,
Padova/Italy) (Fig. 2).
Fig. 1
Fig. 2
I lembi sono stati poi suturati a livello dell’osso (Gore-Tex®, 4.0,
Gore, Newark/ NJ, USA) senza la necessità di ottenere una chiusura
completa (Fig. 3). In fase postoperatoria è stato prescritto un
antinfiammatorio (Nimesulide 100 mg, 2 volte al giorno per 3 giorni), un
analgesico (Paracetamolo 500 mg, 1 compressa ogni 8 ore per 3 giorni) e
clorexidina 0.12%, e fornita istruzione completa all’igiene orale. La
sutura è stata rimossa dopo 10 giorni. A 3 e a 6 mesi sono state
eseguite le radiografie periapicali parallele.
Sei mesi dopo i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico
per il posizionamento dell’impianto. Eseguita l’anestesia locale e
scollati i lembi a spessore totale in mandibola, è stata eseguita una
carotatura per l’analisi istologica della qualità dell’osso (Figg. 4,
5). Nello stesso sito, dopo averlo adeguatamente preparato è stato
posizionato un impianto DAE 4 x 11,5 mm al livello dell’osso crestale
(Fig. 6). Successivamente sono stati suturati i lembi (Seta, Ethicon
4.0, Johnson & Johnson Medical, New Brunswick/NJ, USA). Infine,
prescritti un antinfiammatorio (Nimesulide 100 mg, 2 volte al giorno per
3 giorni), un analgesico (Paracetamolo 500 mg, 1 compressa ogni 8 ore
per 3 giorni), e clorexidina 0.12% durante la fase post-operatoria
insieme a istruzioni complete all’igene orale. La sutura è stata rimossa
a 10 giorni dall’intervento chirurgico. Sei mesi dopo, l’impianto è
stato protesizzato con una corona singola avvitata in metallo-ceramica. A
3 mesi e a 3 anni sono state eseguite le radiografie periapicali
parallele.
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Risultati
Le radiografie eseguite immediatamente dopo l’intervento chirurgico con
la tecnica GBR hanno indicato che l’alveolo post-estrattivo era stato
adeguatamente zeppato con granuli di osso bovino decellularizzato (Fig.
7). Il richiamo a 6 mesi, ha mostrato tessuti molli in buona salute
senza la presenza di segni di infiammazione (Fig. 8). La radiografia
periapicale ha mostrato la perfetta guarigione dell’alveolo
post-estrattivo (Figg. 9, 10). Anche durante l’esposizione ossea per il
posizionamento dell’impianto, l’osso appare in buona salute e non sono
presenti granuli di biomateriale non integrato. La membrana di
pericardio bovino è completamente riassorbita (Fig. 11).
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10
Fig. 11
La radiografia eseguita immediatamente dopo il posizionamento
dell’impianto ha mostrato che gli impianti dentali erano perfettamente
posizionati a livello dell’osso crestale (Fig. 6). Le analisi
istologiche della carotatura di osso prelevato hanno mostrato che a 6
mesi dall’intervento di conservazione dell’alveolo, si è formato nuovo
tessuto osseo vitale e sono ancora presenti granuli del biomateriale
utilizzato (Fig. 12). Il follow up radiografico a 3 anni indica una
situazione ossea invariata con l’impianto ancora a livello dell’osso
crestale. La parte protesica ancora in buone condizioni senza segni
d’infiammazione, né si sono riscontrate mucositi o perimplantiti. I
restauri privi di complicanze tecniche.
Fig. 12
Discussione
Questa serie di casi clinici presenta i risultati istologici e clinici
dell’utilizzo di uno xenoinnesto osseo decellularizzato di origine
bovina e una membrana di pericardio bovino utilizzati come materiale
rigenerativo con la tecnica GBR. Dopo l’estrazione del dente, l’alveolo è
stato immediatamente zeppato con lo xenoinnesto bovino e la membrana è
stata utilizzata come barriera prima di suturare i lembi. A sei mesi è
stato eseguito il posizionamento implantare e poi posizionata la corona
per riabilitare il paziente.
I risultati clinici di questi casi non hanno mostrato complicanze né dal
punto di vista biologico né da quello meccanico. Questi risultati
combaciano con molti studi presenti in letteratura24, 25 che indicano la
tecnica di conservazione dell’alveolo post-estrattivo con l’uso di uno
xenoinnesto bovino e una membrana in pericardio bovino come una tecnica
sicura e predicibile per preservare il volume dell’alveolo stesso e per
fornire un qualità dell’osso che consenta il posizionamento implantare a
sei mesi.
Dal punto di vista istologico, è stato trovato osso vitale neoformato;
inoltre, granuli dello xenoinnesto bovino erano ancora presenti. Questi
risultati, se confrontati con lo studio di Barone et al. 201326, dove è
stato utilizzato osso bovino termicamente deproteinizzato come materiale
di riempimento per la chirurgia GBR dopo l’estrazione del dente, hanno
mostrato che dopo sei mesi era presente una maggiore quantità di osso
vitale e una minore quantità di granuli di biomateriale. Ciò è
probabilmente dovuto al fatto che il processo di decellularizzazione del
materiale utilizzato in questo studio, chiamato Thermagen, utilizza
temperature più basse, quindi le particelle del biomateriale non sono
cristalline, permettendo agli osteoclasti di degradarle facilmente e
lasciando spazio al nuovo osso formato.
Il lungo processo di riassorbimento dell’osso bovino deproteinizzato ad
alta temperatura è ben documentato in letteratura: nello studio di
Sartori et al. 200327, in cui è stato utilizzato l’osso bovino
inorganico come biomateriale nel rialzo del seno mascellare, gli autori
hanno documentato che, a 1 anno dall’intervento chirurgico, le
valutazioni istomorfometriche mostravano che il 70,2% del biomateriale
utilizzato era ancora presente; dopo 2 anni il 30,3% e dopo 10 anni il
13,3%.
In questo tipo di procedure chirurgiche che di solito anticipano il
posizionamento di un impianto, è auspicabile che sia presente osso
vitale invece che granuli di xenoinnesto poiché la loro presenza non
consente la completa osteointegrazione dell’impianto a causa della
mancanza di osteointegrazione nell’interfaccia impianto-biomateriale.
Pertanto, un biomateriale più velocemente riassorbibile e rimodellabile
in osso vitale, porterà una migliore osteointegrazione degli impianti
dentali.
In letteratura, molti studi clinici presentano evidenze
istomorfometriche a favore del riempimento immediato dell’alvelolo
post-estrattivo con osso bovino termicamente deproteinizzato, con
intervallo di guarigione di 6 mesi come in questo studio28, 29. L’osso
vitale neo formato aveva varianza tra il 34,5% e il 39,4% che
visivamente confrontato con l’istologia del nostro studio, sembra essere
molto meno.
Conclusione
Questa serie di casi clinici dimostra che l’utilizzo di uno xenoinnesto
bovino decellularizzato senza alte temperature e una membrana di
pericardio bovino utilizzata in GBR per la preservazione dell’alveolo,
fornisce grandi risultati in termini di osso neoformato e
osteointegrazione dell’impianto. Sono necessarie ulteriori evidenze
istomorfometriche per confermare questa ipotesi.
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L'articolo è stato pubblicato su Dental Tribune Italian Edition 4/2020.