INTERVISTE
16 settembre 2022

L’evoluzione del camice made in Pastelli

Patrizia Gatto

All’Expodental di Rimini lo scorso maggio 2022 è stato presentato un libro dal titolo “Effetto Bianco Il camice nel rapporto medico-paziente” a cura di Gianna Pamich, amministratore unico della Pastelli srl, azienda leader nel mondo nella produzione di camici in particolare nel settore odontoiatrico, con sede in provincia di Padova ed esportatore mondiale dagli anni ’80. Alla redazione di questo libro hanno contributo decine di importanti personaggi del mondo della medicina e della cultura.

Desideriamo rivolgere alcune domande a Gianna Pamich, curatore di questo libro unico nel suo genere, alla guida di una azienda da sempre pionieristica, che ha origine dalla famiglia Pamich nel 1929 e che dal 1978 si occupa esclusivamente di abbigliamento medicale.

Chi indossa un camice spesso sottovaluta il ruolo che questo riveste?

Il ruolo del camice è ben presente ma “scordato” o vissuto come un obbligo per vari motivi dovuti principalmente a un cambio sociale. L’abbigliamento in genere non è più obbligatoriamente curato come in passato e automaticamente anche il camice ha cambiato forma e aspetto. Inoltre considerando la spinta tecnologica e innovativa di attrezzature a cui è stato sottoposto soprattutto il campo odontoiatrico, è ovvio che quanto considerato non indispensabile sia stato messo in second’ordine.

Perché il “Camice Bianco” nei primi anni del novecento per poi tornare a molteplici e colorati modelli parti di vere e proprie collezioni, come gli abiti?

L’evoluzione è sempre strettamente legata a una preventiva ricerca e sperimentazione. Valutare la scomposizione del bianco nei vari colori esplorandone i contenuti e le immagini evocative che possono suscitare nel paziente è stato un passo quasi obbligatorio. Ma il camice bianco, simbolo di medicina, purezza ed equilibrio, magari declinato in fogge più attuali, rimane uno status-quo a cui non possiamo sottrarci.

Camice e rapporto medico-paziente. Cambia nel presente?

 Approfondendo il concetto in realtà non esiste il camice nel rapporto medico-paziente, essendo lo stesso camice la rappresentazione del medico. È indubbio, e supportato da svariate ricerche sul tema, come il camice abbia mantenuto la sua valenza psicologica nei confronti del paziente, e i recenti fatti pandemici, durante i quali la funzione protettiva del camice ne ha apparentemente soppiantato l’immagine, ne hanno fatto riscoprire tutta l’importanza.

 Sotto quel camice tutto. Uno slogan?

 Più che uno slogan rappresenta una scelta di vita e in risposta vorrei citare testualmente l’autore di questa frase, il Dott. Stefano Almini: “il camice, diversamente dal vestito, è il confine tra la professione e chi la esercita, mentre il vestito rappresenta l’ordinarietà della vita, il camice è l’abito della professione... la parola Abito, deriva da Habitus, avere dentro se stessi delle virtù... il camice è Habitus ovvero il senso stesso della mission ed esprime la coerenza al ruolo e alla dignità della professione… sotto un vestito ci può essere nulla, sotto un camice ci deve essere per forza il tutto”.

 Il camice è un device?

 Il camice nasce principalmente per garantire una funzione protettiva. Questa caratteristica, al di là delle varie normative e anche degli status symbol, si è mantenuta nel tempo. La recente fase pandemica ha rivoluzionato il settore nonché il concetto di protezione e ha portato alla ribalta il tema e tutte le necessarie specifiche legate ai fattori di rischio.

Perché siete diventati leader mondiale nell’odontoiatria? Come nasce questa passione per questo specifico ambito medico?

Principalmente da una profonda conoscenza del settore della mia famiglia. Ritengo che il nostro successo sia strettamente dovuto alla conoscenza del mondo tessile da parte materna e dell’Odontoiatria da parte paterna che ci ha consentito non solo di proporre delle soluzioni specifiche ma anche di prevedere le future necessità di un settore con caratteristiche diverse dalle altre specialità mediche… ma aggiungo il tutto con ben più di un pizzico di coraggio.

L’abbiamo vista emozionata alla presentazione del libro curata dal giornalista Massimo Boccaletti. A Lei che è un grande capitano di industria ed è stata anche per anni Presidente dell’Unidi ma è una donna, possiamo chiedere quale era la sua principale emozione?

Si, ammetto, è stato un momento di grande emozione nel vedere la risposta al mio invito da parte di tante personalità con cui ho avuto il piacere di collaborare e stringere dei rapporti molto amichevoli grazie ad Unidi, ma anche nel notare l’attenzione di tutta la sala verso un tema diverso da quanto abitualmente proposto in una manifestazione fieristica. Attenzione che in fase finale ha generato una serie di interventi sul tema, sia evocativi del momento in cui si è indossato il primo camice, sia tecnici.

La vostra azienda è sempre stata all’avanguardia, pioniera nelle esportazioni, nelle certificazioni, nella scelta dei materiali e ultimo ma non ultimo nel marketing (nel 1997 avevate già il sito internet!).In quasi 100 anni si sono superate crisi incredibili nel mondo, guerre, trasformazioni epocali. Qual è il segreto del vostro successo a prescindere?

Non esiste un segreto, è solo costante e duro lavoro e volontà di non lasciarsi abbattere dagli eventi, ovviamente amando e credendo in quella che oggi viene definita una mission. Non è mai stato un compito facile e spesso siamo andati controcorrente per salvaguardare il made in Italy, e questo compito ora è più che mai arduo a causa della crisi legata alla carenza energetica ed alla spinta inflazionistica. Ma supereremo anche questa sfida.

Cosa più di tutto la ispira oggi nella creazione dei camici e nella conduzione della sua azienda?

 Ogni periodo presenta sfide e caratteristiche diverse, ma in realtà credo fermamente che la risposta di ieri, di oggi e di domani è, e rimarrà, la creazione e il mantenimento dei rapporti umani. Grazie alla qualità dei rapporti umani interni all’azienda posso contare su uno staff che mi stimola e mi supporta e questo mi consente di ritagliarmi degli spazi “creativi”.

Creatività che viene comunque dall’ascolto e dal dialogo costruttivo con i nostri clienti a cui aggiungiamo un pizzico di fantasia tutta Italiana. Professione e Donna: due valori conciliabili?

 Assolutamente sì, ma aggiungerei solo a patto di poter contare su un partner che crede in te e ti supporta.

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