INTERVISTE
25 luglio 2022

Il prof. Riva, consigliere CNEL, sull’importanza della cartella elettronica in ambito sanitario

Patrizia Biancucci

Il prof. Francesco Riva, laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-facciale, è stato per molto tempo Direttore Unità Operativa Complessa Chirurgia Odontostomatologica dell’Ospedale Odontoiatrico “George Eastman” di Roma. Ma al di là delle sue riconosciute competenze, è un professionista che da anni si adopera per far comunicare il mondo odontoiatrico e il mondo della politica con l’intenzione di superare le criticità, spesso responsabili di forti inadeguatezze da parte dello Stato, fissando ambiziosi obiettivi attraverso azioni concrete. Come consigliere CNEL riesce a interfacciarsi con Ministeri e Istituzioni, fino al recente progetto della cartella sanitaria elettronica, già realizzata dalla Sanità Militare, proposto al Ministero della Difesa e al Centro Alti Studi per la Difesa. Caldeggiata dalla UE, che avrebbe dati certi per investire denaro in campagne di prevenzione, sulla base della prevalenza di alcune malattie, e di valido aiuto a chi abbia bisogno di assistenza medica in tutta Europa, sarebbe un notevole passo avanti sanitario e tecnologico. Qualche domanda al prof. Riva per capire meglio di cosa si tratta.

Prof. Riva, lei è consigliere del CNEL. Ci può dire brevemente cos’è?

Il CNEL (Consiglio Nazionale Economia del Lavoro) è un organo istituzionale che ha lo scopo di presentare dei progetti di legge e in cui vengono firmati i contratti collettivi che rappresentano sia le forze sociali sia quelle imprenditoriali.

Lei è l’unico odontoiatra all’interno del CNEL? Ci sono altri professionisti sanitari?

Sì, sono l’unico odontoiatra, ma sono presenti altri due medici, sebbene vivendo a Roma posso frequentare il CNEL praticamente ogni giorno e questo mi ha permesso di far conoscere il mio pensiero.

Parliamo del Ministero della Difesa e dell’introduzione della cartella elettronica. Quali sono le novità?

Al CASD (Centro Alti Studi per la Difesa) è stato affrontato il progetto esecutivo della cartella elettronica. Situazione di cui si parla da anni in Italia. Nel nostro codice fiscale abbiamo un cip che è completamente vuoto. La Sanità militare, in sinergia con la Tim, è riuscita a creare la cartella elettronica che potrà essere visualizzata in tutto il mondo e in varie lingue. La Sanità militare con il ministro Guerini ha presentato il progetto che ora è a carico dello Stato italiano al quale spetta l‘utilizzo di questa attività, per poi fornire a tutti gli italiani la propria cartella elettronica nel giro di poco tempo. Sottolineo che la UE ha più volte detto che è molto importante avere i dati sanitari a disposizione dei medici e delle aziende (ma non quelli personali) poiché in questo modo si potrà sapere dove andare a investire i soldi, ovvero se ci sono certi tipi di patologie e di terapie che portano buoni risultati sarà possibile avviare delle campagne di prevenzione. Si tratta di una cartella sanitaria che utilizza la telemedicina per interloquire con il paziente anche a chilometri di distanza, eseguire un elettrocardiogramma e vedere i propri dati.

Questo sarebbe un grande passo avanti per l’Europa, data la grande circolazione delle persone, giusto?

 Sicuramente tutti noi siamo stati una volta in ospedale. Viaggiare con la cartella clinica di 10-15 anni prima e stare lì ore a decifrare cosa c’è scritto non è ottimale. Dematerializzare tutto ciò che è cartaceo è sicuramente importante. Questo è un merito della sanità militare e dell’ispettorato alla sanità militare nella persona del Generale Sebastiani, che ha trovato nel governo un grande supporto grazie a una filiera corta permettendo, insieme a Tim, la realizzazione del progetto cartella elettronica.

 In Africa viene già utilizzata la telemedicina per arrivare nei posti più sperduti. Le risulta?

Assolutamente. Ormai non è più necessario che il personale sanitario sia presente fisicamente. È possibile istruire un infermiere anche dal punto di vista medico. Nel campo militare quando si è fuori sede si può avere un incidente e non tutti possono viaggiare con un medico o un infermiere. È stata quindi creata una figura professionale non sanitaria, che grazie a un excursus di due anni di studio svolto in Italia, Belgio e Stati Uniti può acquisire la patente per poter intervenire da un punto di vista medico, permettendo in questo modo di risolvere dei casi importanti. Il motivo della nascita di questa figura professionale la si deve a un incidente occorso anni fa a dei militari che sono saltati su una bomba. La persona dello staff che è intervenuta per portare loro soccorso è stata successivamente incriminata per eccesso di attività non possedendo una qualifica. Dopo questo episodio, lo Stato ha deciso di creare questa figura che potrà essere utilizzata non solamente a livello militare ma anche a livello laico.

Di chi è questa idea?

Questo è un progetto della Sanità Militare ed è già stato approvato dal Governo. Questa figura del militare che può portare assistenza è stata realizzata a livello internazionale poiché per acquisire questa qualifica il referente deve fare un corso specifico in Belgio e poi negli Stati Uniti. Quindi un investimento notevole dello Stato che ha lo scopo di portare benessere anche nei posti più remoti.

 Un nuova figura che potrebbe urtare la sensibilità di medici e infermieri. Si potrebbe creare un incidente diplomatico?

Davanti alla possibilità di salvare la vita di una persona, qualsiasi lobby va abolita. È una figura riconosciuta a livello internazionale. I medici sono sempre meno e gli infermieri non possono andare ovunque. Quindi questo è sicuramente un miglioramento della nostra performance sanitaria.

 Prof. Riva, lei un personaggio abbastanza raro come fautore della comunicazione tra la clinica e le istituzioni. È d’accordo?

La mia vita è quella di essere stato un primario ospedaliero, quindi un dipendente dello Stato, oltre a svolgere una mia attività privata. Una parte della mia vita l’ho riservata a fare ciò in cui credo, cioè migliorare la salute dei pazienti, ma anche a migliorare il rispetto che i sanitari devono richiedere al potere politico. Si va sempre dal medico quando si sta male, però quando si devono prendere decisioni di politica sanitaria il medico non viene quasi mai considerato. Essendo stato inserito come consigliere al CNEL e trovando un presidente illuminato come il Prof. Treu, che ha capito che quello che faccio lo faccio pensando che sia utile alla collettività, mi ha dato la possibilità di agire in questo senso. Poi c’è la passione, poiché essendo un passionario quando credo in qualcosa vado avanti, anche se trovo ostacoli.

Mi è arrivata voce che a settembre ci sarà una campagna preventiva sulla malattia. Chi ha ispirato questa campagna del CNEL?

 Colui che ha ispirato questa campagna sono io, ma non vi posso anticipare il nome. Sarà una campagna condivisa con la Presidenza del Consiglio e con l’editoria, attraverso spot sulle reti nazionali. Sarà una campagna educazionale sui comportamenti poiché noi dobbiamo essere consci che il cittadino, oltre a richiedere di essere curato, deve anche dare qualcosa. Quindi deve evitare certi comportamenti non positivi che poi vanno a incidere sulle casse dello Stato, come il caso del paziente diabetico con malattia parodontale che peggiora il suo stato di salute generale.

 La malattia parodontale è la più diffusa al mondo, spesso associata a malattie sistemiche come il diabete, che quindi comporta una spesa enorme per lo Stato. Che ne pensa?

Sì, potremmo essere odontoiatri sentinella che intercettano in un paziente parodontale una malattia sistemica come il diabete. E proprio a Fiuggi, durante il congresso del Cenacolo Odontostomatologico del Centro Italia del 9 e 10 settembre 2022, mostreremo la campagna sull’HPV, il progetto “Guardati in bocca” e ciò che il cenacolo ha fatto a livello internazionale. Sono stato due mesi fa in Israele e nei territori palestinesi per un progetto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità per il trattamento degli emofilici nei paesi palestinesi. In questo Congresso verrà presentato un collutorio viricida e battericida, un composto di acido citrico e ioni di argento, assolutamente atossico e che potrà agire sulle tasche parodontali.

Le nostre Istituzioni nazionali non sempre ottengono dal Governo quanto sperato. Ritiene che lei, come componente CNEL, possa far riconoscere dal Governo l’importanza di questo enorme settore odontoiatrico che peraltro rappresenta una notevole fetta del PIL?

 Proprio per quanto mi chiede, volevo ricordare il titolo del Congresso di Fiuggi: “La filiera odontoiatrica: 400.000 addetti e 10 miliardi di prodotto interno lordo, clinica e ricerca”. Con questo evento vorremo cercare di superare gli interessi sindacali e/o politici delle varie confederazioni. La nostra idea è quella di sottolineare come i professionisti hanno delle proprietà intellettuali e il mio sindacato, la CIU- Unionquadri, rappresenta al CNEL i liberi professionisti e le proprietà intellettuali. Non possiamo pensare che un professionista venga utilizzato da un’azienda come un semplice operativo, ma è anche vero che se il professionista non è in grado di far conoscere la propria valenza e si mette d’accordo solo nei tavoli politici, svendendo i propri iscritti, è chiaro che noi non abbiamo nessuna forza di reazione. Noi dobbiamo rappresentare l’importanza dei professionisti. Due anni fa sono andato a Bruxelles a parlare di intelligenza artificiale al CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo). Tutti i professionisti presenti ci dicevano che il ruolo cruciale lo riveste chi inserisce i dati. Se non è presente un professionista che conosca la problematica sul campo, l’algoritmo viene falsato. È chiaro che il mondo è cambiato anche forse per colpa di tanti professionisti, poiché in passato alcuni sindacati addirittura negavano il valore degli ECM, rifiutando la formazione obbligatoria. Posso quindi dire che il mondo sindacale non tutela il professionista ma il sindacato stesso. La crisi dei sindacati deriva dal fatto che si sono staccati dalla realtà del professionista che vive il suo dramma e non riesce a guadagnare in maniera corretta. Quindi dobbiamo dire che noi professionisti abbiamo un valore e chi non sta in questo valore esce dal mercato. A noi interessa salvaguardare il professionista che si impegna in qualcosa. Poi se ha un guadagno dietro ben venga, ma è chiaro che deve cercare di essere sempre avanti. Io cerco sempre di guardare avanti pensando che il rispetto vada imposto, poiché se la gente non ti rispetta ti devi imporre. Se non si è capaci di imporre il rispetto allora si è finiti e si rischia di andare sotto le aziende che ti dicono cosa fare, trasformandoti in un operaio specializzato.

Molti giovani odontoiatri sono consulenti, non vogliono la responsabilità di uno studio, pensano al tempo libero e al guadagno. Secondo lei come possono essere formate le coscienze dei giovani i quali pensano a frequentare solo corsi tecnici?

Il problema dei giovani è l’esempio che noi abbiamo dato loro. Quando vanno in certi consessi e vedono le persone che, anziché parlare di conoscenza e di innovazione, pensano a come distribuirsi le poltrone o farsi inserire in certi apparati, è chiaro che il giovane, che è più smaliziato di noi, non ha più un credo poiché ha capito che chi sta sopra di lui lo utilizza per alcune cose. Il nostro compito è quello di mostrare che loro rischiano si di fare un bel rialzo di seno ma anche di non essere più percepiti come professionisti e diventano dei bravi tecnici. Il paziente però, passata la sbornia di efficientismo, va dal medico e dal dentista poiché vuole essere inserito in un programma di cura. Quindi dobbiamo far capire ai giovani che oltre a essere bravi dal punto di vista tecnico devono avere delle conoscenze mediche, di comunicazione, di cura dei rapporti poiché il paziente sceglie il dentista e lo valuta non solamente per gli aspetti tecnici ma anche per come condivide con lui i suoi problemi. L’etica non è una cosa che si fa perché si è buoni, ma perché è un modo per poter raggiungere degli obiettivi. Dovremmo insegnare ai nostri giovani che non esiste solo il guadagno, però il guadagno può aumentare se, oltre a essere bravo, sei anche in grado di gestire tutto il resto. Il problema è che c’è stato uno scollamento grazie al numero chiuso che ha spinto i ragazzi ad andare all’estero per studiare, impoverendo così la famiglia che non è più stata in grado di investire nello studio e conseguentemente andando a impoverire un intero tessuto sociale. Per questo motivo il CNEL ha fatto una proposta di legge per l’abolizione del numero chiuso.

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