MEDICINA ORALE
10 novembre 2023

Riabilitazione nei settori frontali a livello del mascellare in paziente a rischio assoluto medio

Marco Mozzati

Il seguente caso clinico descrive il percorso riabilitativo di una donna di 73 anni, con storia clinica di malattia oncologica, extrasistole parossistica, ipertensione post-menopausale e osteoporosi lieve, in terapia con antipertensivo, betabloccante, colecalciferolo 50.000 U.I. a settimane alterne e, saltuariamente, un integratore di sali minerali. Essendo la paziente in cura da anni, eravamo già in possesso di informazioni relative al suo rischio emotivo.

Alla rivalutazione MDAS è emersa una situazione pressoché invariata rispetto alle precedenti, con un punteggio di 15; la paziente stessa ha negato particolari fobie. Sin da subito è stata molto ferma nelle proprie intenzioni, richiedendo una soluzione a lungo termine per il ripristino dell’estetica del suo sorriso, con particolare riferimento alle ricostruzioni protesiche degli elementi centrali, non più soddisfacenti per via delle frequenti cementazioni e dei problemi estetici e psicologici, nonché pratici, che questo evento comporta. All’esame orale, infatti, era ben visibile che il problema della paziente era rappresentato dal manufatto protesico su 1.1 e 2.1 (Fig. 1). Dal punto di vista parodontale, era possibile osservare lievi depositi di placca e tartaro con infiammazione marginale, ma sondaggio fisiologico e assenza di malattia parodontale. L’indagine radiografica evidenziava un’infiltrazione che si estendeva oltre i margini protesici di 1.1 e 2.1 e ne determinava l’irrecuperabilità; vi era anche presenza di moncone privo di sigillo (Fig. 2). Valutato il rischio assoluto come medio e in assenza di fattori predittivi negativi, abbiamo proposto alla paziente una seduta di ablazione tartaro e studio del caso mediante CBCT, per valutare la possibilità di eseguire una riabilitazione implantoprotesica mediante estrazione degli elementi centrali con posizionamento implantare e protesizzazione immediata.

 

Si è proposto un piano di trattamento così impostato: seduta di igiene con contestuale lezione e impostazione della profilassi antibiotica; impronte per studio del caso, confezionamento della dima chirurgica e dei provvisori per il carico immediato; rivalutazione degli esami ematici precedentemente richiesti; intervento di estrazione elementi 1.1 e 2.1 e posizionamento implantare; consegna della protesi provvisoria a 1 ora dall’intervento implantare. Sebbene dalla compilazione MDAS non fossero emerse fobie né stati di ansia, per via della patologia cardiaca si è comunicato alla paziente che l’intervento sarebbe stato eseguito con la monitorizzazione dei parametri vitali e che le sarebbe stato posizionato un accesso venoso periferico per somministrazione di lieve ansiolitico, utile a prevenire problematiche aritmiche soprattutto durante l’infiltrazione di anestetico nei settori frontali. Come da protocollo, la paziente è stata istruita sia oralmente sia per iscritto sulle modalità di somministrazione dell’ansiolisi farmacologia e sull’impossibilità di condurre un veicolo dopo l’intervento.

Si è impostata la profilassi antibiotica con amoxicillina e acido clavulanico (compresse da 1 grammo), da assumere ogni 12 ore dalla sera prima dell’intervento. Accolta il giorno dell’intervento, le è stata dedicata una saletta privata, dove è avvenuta anche la compilazione della check-list e dove la paziente è potuta rimanere dopo l’intervento per consentire il recupero post ansiolisi. Le è stata somministrata la premedicazione per bocca con 13 gocce di delorazepam e, subito dopo, è stata fatta accomodare nell’ambulatorio chirurgico; sono stati rilevati i parametri vitali, che risultavano essere nella norma (la paziente è stata edotta di dover assumere le sue abituali terapie anche il giorno dell’intervento). Grazie al monitor multiparametrico dotato di elettrodi, è stata possibile anche una monitorizzazione Ecg a 5 derivazioni. è stato reperito un accesso venoso periferico e a distanza di circa 30 minuti dalla premedicazione con delorazepam e somministrati 2 cc di diazepam, precedentemente diluito come da protocollo con soluzione fisiologica allo 0,9%.

Somministrata l’anestesia locale, si è proceduto con estrazione degli elementi 1.1 e 2.1, con l’ausilio dello strumento a ultrasuoni. La sequenza delle immagini 3-6 mostra l’estrazione dei monconi con tecnica delicata. Si noti la perfetta conservazione delle mucosa. Con tecnica mista di estrazione e preparazione del tunnel (entrambi i siti sono stati trattati con ultrasuoni e frese protocollo di fresatura biologica BTI) e dopo aver inserito il PRGF, sono stati inseriti due impianti tipo BTI UNIVERSAL, entrambi misura 4 * 13, avvitati a 50 Ncm. Su di essi sono stati collocati due transepiteliali intermedi protesici dritti h2 (Figg. 7-19). Il protocollo operativo per l’allestimento dei denti provvisori a carico immediato prevede l’utilizzo di una dima portaimpronta, ricavata dal modello maestro dopo la ceratura diagnostica e la resinatura del provvisori. I cilindri protesici vengono bloccati al portaimpronta con una resina fotopolimerazzante per garantire la corretta posizione degli impianti, e con l’ausilio di un materiale da impronta, si ultima la fase, in modo da trasferire al tecnico anche i profili gengivali (Figg. 18-21). Nella figura 22 viene mostrato il provvisorio avvitato sugli intermedi e nella figura 23 la radiografia endorale. La protesi provvisoria, oltre a garantire alla paziente una buona estetica deve essere allestita in modo da sigillare molto bene l’alveolo post-estrattivo fintanto che il tessuto di granulazione non avrà colmato il gap tra impianto e corticale ossea. A quel punto potranno essere rimodellati i profili per accompagnare la guarigione.

 

A distanza di 14 giorni sono stati smontati i provvisori, il tessuto di granulazione ha colmato completamente i gap tra impianto e corticale residuo e la paziente non lamentava alcuna sintomatologia (Figg. 24, 25). A un mese dall’intervento la paziente al controllo mostrava buona stabilità dei tessuti e in generale ottima guarigione. I profili degli elementi sono stati modellati e lucidati in modo da ottenere margini protesici identici. A 3 mesi è stato smontato il manufatto, eseguito un controllo di guarigione e programmata la fase di protesizzazione con protesi definitiva in ceramica. Le figure 26 e 27 mostrano le immagini cliniche della zona trattata e i reperti radiologico a 24 mesi dal carico definitivo.

 

Il seguente case report è un estratto del libro "Gestione del percorso chirurgico implantare nei pazienti con malattie sistemiche" edito Tueor Servizi.


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