Introduzione
È ormai consolidato che tra gli obiettivi della medicina un punto
fondamentale sia quello di ottimizzare il risultato clinico con il
comfort del paziente. Studi di metodologie alternative e coadiuvanti la
prassi affermata oggi sono accolti con un sempre maggiore interesse e
l’utilizzo dell’ozono rientra fra queste.
L’ozono (O3) è una formula triatomica dell’ossigeno, formato in natura
dall’esposizione di un atomo di 02 ad una carica elettrica. Il risultato
è un gas altamente instabile e per questo necessita di un rapido
consumo in quanto non può essere né conservato né trasportato. In
medicina, pertanto, si utilizza una miscela meno alterabile di ozono e
ossigeno detta ozono medicale. Il concetto alla base dell'ozonoterapia è
il beneficio derivante dalla scomposizione dell’azoto in molecole di
ossigeno: viene utilizzata come stimolatore metabolico cellulare e del
microcircolo, facilitando la cessione di ossigeno da parte degli
eritrociti aumentando così il processo di ossidazione delle tossine
presenti nell'organismo. Viene prevalentemente utilizzato per il
trattamento del dolore in diverse declinazioni, come quello derivato da
condizioni ortopediche e infiammazioni articolari ma è anche impiegato
su ulcere, lesioni e processi di cicatrizzazione1,2. Vanta diverse modalità di somministrazione, tra le quali il trattamento topico, prevalente in odontoiatria1.
Dagli studi effettuati in ambito odontoiatrico l’applicazione di ozono
sembra aver favorito differenti aspetti della disciplina, dal
trattamento della carie a quello canalare e parodontale. L’ampio spettro
di impiego lo si deve alle proprietà antibatteriche, di
biocompatibilità e rigenerazione tissutale della molecola; tuttavia,
essendo un composto instabile, presenta anche dei limiti nel dosaggio e
nell’utilizzo che devono essere gestiti con accortezza3. Tra i
numerosi riscontri positivi documentati, effetti di decontaminazione si
sono registrati come un efficace coadiuvante nel trattamento chirurgico
delle perimplantiti. Lo studio di Isler et al. ha rilevato come il
trattamento topico con ozono dei siti peri-implantari registrava livelli
più bassi di placca, riduzione delle tasche e migliori valori di
attacco clinico rispetto al gruppo controllo4. Un altro
studio (su modello murino) ha evidenziato come in presenza di malattia
parodontale, l’applicazione sistemica di ozono riduca la perdita di osso
alveolare mentre quella topica favorisce la risposta all’ipossia, data
la minor presenza di cellule che esprimevano il fattore di trascrizione
che ne regola la reazione5.
Per l’utilizzo dell’ozono in odontoiatria un metodo efficace per
veicolare il trattamento topico è l’unione della molecola con dell’olio,
di fatto non riducendo la veicolazione della molecola tramite
dispostivi specifici. Gli oli sono composti da molecole di trigliceridi
contenenti acidi grassi saturi e insaturi, le cui facoltà consentono di
trattenere le molecole di ozono rendendolo disponibile per un utilizzo
prolungato. Ciò è reso possibile dal legame che l'ozono instaura con gli
acidi grassi insaturi, formando a livello dei doppi legami composti
stabili chiamati ozonidi. Gli oli sono inoltre perfettamente compatibili
con i tessuti umani, in quanto la matrice oleosa derivante dalla
produzione di ozonidi è idrofilica e riesce a compenetrare le pareti
cellulari.
L’applicazione topica non rappresenta dunque un grande rischio poiché
l’instabilità del composto viene inibita dalla creazione degli ozonidi,
non induce effetti collaterali ed è un’operazione di un’invasività
minima. Il trattamento con oli si è rivelato efficace per lesioni orali
di varia natura (ulcerazioni aftose, lichen planus, candidosi, herpes e
cheilite angolare) ma necessita di una periodicità costante di
applicazione e la guarigione può impiegare anche diversi mesi6.
L'ozono non induce farmaco resistenza e sembrerebbe avere fattore
inibente sui batteri, anche se in letteratura la sua efficacia
confrontata con i disinfettanti più comuni ha prodotto risultati
altalenanti. Uno studio cinese7 ha provato l’efficacia
dell’olio ozonizzato in relazione a quella della mupirocina in gel per
contrastare l’herpes zoster, con un risultato del 100% contro l’86,7%.
Da notare che la mupirocina è un farmaco che agisce in prevalenza sui
ceppi Gram +, portando ad interpretare il successo dell’olio ozonizzato
come un metodo alternativo per la cura delle infezioni di questi
microrganismi. Tuttavia, l’effetto sui ceppi Gram – sembra essere
minore: un altro studio in vitro ha sottolineato una efficacia solo
discreta sui Gram -, non riuscendo ad eguagliare gli effetti
antibatterici della clorexidina8. Mentre singolarmente l’olio
ozonizzato non sembra trovare una applicazione decisiva, alcuni
risultati significativi si sono ottenuti combinandolo in azione
sinergica ad altre molecole, ad esempio con il chitosan per contrastare
il biofilm a livello canalare9.
La sensibilità dentale è una problematica piuttosto diffusa, affligge dal 10 al 30% della popolazione10,
manifestandosi attraverso stimoli di natura solitamente innocua come
variazione termica e tatto, risolta attraverso la combinazione di
trattamento in office e modifica delle abitudini del paziente11,12
col fine di ridurre la permeabilità tubulare. Questo avviene impiegando
molecole che reagiscono con gli ioni calcio presenti nella saliva dando
origine a composti salini di bassa solubilità il cui precipitato
occlude i tubuli dentinali esposti. Il trattamento domiciliare in genere
prevede l’impiego di dentifrici con questa formulazione mentre in
office prevalgono i fluoruri sotto forma di gel, vernici, resine, o
prodotti a base di ioni di potassio (ossalati, nitrati). La comprovata
efficacia in letteratura riguarda diverse sostanze applicate localmente,
quelle che forniscono i risultati migliori sono arginina, fluoruro
stannoso, calcio-sodio fosfosilicati e acetato di stronzio, generalmente
in forma di dentrificio13. Tuttavia, sono presenti casi nei
quali gli interventi ad azione topica non sono sufficienti e si deve
procedere con terapie più invasive come root planing e copertura
radicolare10,11.
Esistono anche metodi alternativi al trattamento chimico: l’occlusione
meccanica dei tubuli dentinali o l’applicazione di un rivestimento sugli
strati più superficiali consentono entrambe di veicolare il calcio
sulla superficie dentale favorendo la formazione di una riserva di ioni
calcio o di fluoro espletando una funzionalità arginante e protettiva
delle aree più sensibili. Oltre a ciò, in diverse occasioni è stato
visto come anche l’applicazione della luce laser può essere una valida
alternativa o un coadiuvante dei metodi tradizionali di trattamento
della sensibilità14,15. Tra le varie tipologie uno tra i più utilizzati è il laser a diodi16
mentre il più efficace sembra essere il neodimio (Nd:YAG), ma non tutti
gli studi sono concordi nel validare l’utilizzo del laser sostenendo
che un grosso ruolo nella risposta al trattamento è giocato anche dalla
componente piscologica e psicosomatica del paziente17,18.
Anche la fotomodulazione applicata ai tessuti è stata considerata per il
trattamento della sensibilità dentinale, estendendo di fatto le
potenzialità nell’utilizzo della luce come metodo elettivo o coadiuvante
soluzioni già affermate19,20.
Tra le varie applicazioni la luce a diodi a 460nm può essere considerata
per via del suo potenziale antibatterico, per il trattamento delle
problematiche odontoiatriche o come coadiuvante dell’approccio classico.
Uno studio21 sulla reazione dello Streptococcus mutans ha
constatato che le precedenti esposizioni a una frequenza di 680 J/cm2
non costituivano una ragione di modifica alla formazione di biofilm, ma
con l’utilizzo di un led blu a max 262 J/cm2 si è constatato un effetto
di riduzione della carica batterica e del suo potenziale acidogeno.
Nonostante questo, la capacità replicatoria non è stata intaccata in
maniera considerevole, bensì risulta aumentata in risposta alla perdita
di molte cellule e alla minor produzione di polisaccaridi. Lo studio non
è ancora stato approfondito in vivo. L'obbiettivo di questo case report
è quello di documentare un caso di ipersensibilità dentale trattato con
un colluttorio base di olio ozonizzato e una luce blu LED.
Case Report
Un paziente di 65 aa, senza problemi di salute generale, lamentava una
certa sensibilità a carico di alcuni elementi dentali. Da un punto di
vista odontoiatrico era stato sottoposto a diversi interventi di
odontoiatria restaurativa, e una riabilitazione protesica mobile con
protesi scheletrata. Si decise di eseguire una detersione con collutorio
a base di olio di oliva ozonizzato (Ialozon) negli elementi interessati
per ridurre la sintomatologia. Inizialmente è stato chiesto al paziente
di eseguire un semplice test per la valutazione del dolore con scala
NSR. Il valore numerico che esprimeva la sensibilità del paziente era 5
sulla scala NSR. Utilizzando un piccolo batufolo di cotone imbevuto con
colluttorio a base di olio di oliva ozonizzato (Ialozon, Gemavip,
Cagliari, Italy), siamo andati a detergere l'intera superficie degli
elementi 23 e 43 (fig 1,2). Successivamente abbiamo attivato uno
spazzolino per polishing post ablazione, per circa 60 secondi sugli
elementi interessati, lungo l'intera superficie dentale, precedente
cosparsa dal prodotto (fig 3,4). Come passaggio finale abbiamo
effettuato una attivazione del collutorio con applicazione di luce LED
460 nm, potenza 250 mW, attraverso una lampada fotopolimerizzatrice. La
luce è stata erogata ad una distanza di 0,5 cm dagli elementi dentali
per 3 applicazioni consecutive da 20 s (fig 5,6). Successivamente al
paziente era stato richiesto di non risciacquare, di non bere e non
mangiare per un'ora. Era stato poi rieseguito il test con scala NSR, in
cui il valore che identificava il dolore era 2. Tale risultato è stato
mantenuto a successivi follow up a 1 settimana ed 1 mese.
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Discussione
Esistono in letteratura diversi articoli che documentano l’efficacia
dell’ozono nel trattamento di desensibilizzazione e non vi è ancora un
consensus sulla reale potenzialità terapeutica. Sappiamo che l’ozono
producendo dei radicali, agisce sulla materia organica della dentina
perciò la sua azione avverrà verso la parte demineralizzata della
dentina tubulare causando un aumento di diametro del tubulo dentinale
stesso22. Quindi la sua azione non causa un’ occlusione
diretta dei tubuli dentinali ma probabilmente permette la precipitazione
di minerali provenienti dalla saliva o da altre sostanze che possono
essere usate in unione con l’ozono23. In un altro studio
invece, Azarpazhooh et al. hanno effettuato uno studio clinico
randomizzato in doppio cieco in cui è stata dimostrata una immediata
azione di sollievo con una riduzione del dolore del 55% dopo il
trattamento, anche se, nel tempo, non si è dimostrato significativamente
più efficace del placebo24. In un altro studio invece
l’ozono è stato comparato al laser Er:YAG mostrando una efficacia
superiore nel trattamento della ipersensibilità dentinale25. Infine, in un recente lavoro26,
è stata studiata l’efficacia dell’olio ozonizzato in caso di
ipersensibilità dentinale a seguito di terapia parodontale ed è stato
visto che da solo, l’olio ozonizzato aveva una minore capacità di
occludere i tubuli dentinali rispetto al fosfosilicato sodico calcico.
Tuttavia, la loro azione sinergica ha dimostrato di favorire una
maggiore occlusione dei tubuli rispetto ai due agenti desensibilizzanti
presi in singolo. Nonostante i risultati parzialmente incoraggianti
della letteratura scientifica, la proposta di utilizzare un semplice
collutorio, sinergicamente alla luce LED di una lampada
fotopolimerizzatrice, potrebbe essere risolutiva nel rispetto della
mini-invasività rispetto ad altri desensibilizzanti chimici, più
economica e richiedente una minore curva di apprendimento da parte
dell'igienista dentale o dell'odontoiatra.
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