PARODONTOLOGIA
30 novembre 2020

L’evoluzione della classificazione della malattia parodontale

Montaldo A.

Negli ultimi anni si è molto discusso del concetto di Precision Medicine, ovvero un approccio terapeutico e di prevenzione che considera la variabilità individuale di geni, ambienti e stili di vita di ciascuna persona. Considerato ciò, viene a perdersi la teoria assiomatica per cui una singola terapia per una precisa patologia risulti valida per la collettività intera, ma, considerate le variabili dell’individuo nello specifico si può, di conseguenza, stilare un piano di cura che sia personale.
Questo pensiero ha mutato l’approccio della classe medica, influenzando anche il mondo della Parodontologia, da ciò ne è derivata una nuova classificazione della malattia parodontale densamente intrisa di questi rinnovamenti.
A differenza dei precedenti lavori1-6, la nuova Classificazione7 presenta una struttura aperta, infatti, in previsione dei progressi scientifici che avverranno, ciò consentirà al gruppo di lavoro di apportare modifiche senza sconvolgerne l’intero scheletro (Tab. 1).
Sull’onda di un approccio medico di tipo olistico, è rilevante come il punto di partenza di questo lavoro sia rappresentato dalla definizione di “salute parodontale”, da cui ne consegue il concetto di case definition: ovvero l’inquadramento della condizione clinica rilevata (salute o malattia) in un “contesto temporale”, stabilendo il rischio di possibile evoluzione e definendo alcuni fattori in grado di modulare tale rischio. Il concetto di salute parodontale si snoda su quattro livelli, infatti non si intende la mera assenza di patologia (quanto meno allo stato attivo) ma essa può esistere prima dell’incombenza della malattia e può anche essere ristabilita dopo l’infezione, pur seguendo altri parametri (Tab. 2).



1. Salute parodontale pura: totale assenza di componente infiammatoria in un parodonto sano.
2. Salute parodontale clinica: assenza o livelli minimi di infiammazione clinica in un parodonto con normale supporto.
3. Parodontite stabile: in questi casi, oltre al buon risultato del piano terapeutico prettamente clinico (riscontrato con BoP, PPD etc.) si ha anche una riduzione dei fattori modificanti (glicemia, fumo etc.). In questo caso, sono considerate sane tasche fino a 4 mm e con valori anche maggiori, a condizione che non vi sia sanguinamento al sondaggio.
4. Parodontite in remissione/controllo: si differenzia dalla parodontite stabile per il controllo meno efficace dei fattori modificanti e per la risposta dell’ospite al piano terapeutico.

Logicamente, il passo successivo sarà la definizione del caso di gengivite. Il gruppo di lavoro ha voluto introdurre un nuova e universale definizione di gengivite, che consideri − come per la salute parodontale − sia il parodonto intatto che quello ridotto (Tab. 3).


Tab. 3


Per quanto riguarda le gengiviti non indotte da placca batterica, la nuova classificazione si distingue dalla precedente per l’implementazione dell’elenco con l’introduzione dei codici dell’ICD-10. Inoltre, si ha la ridefinizione del caso parodontale, giungendo al vero e proprio fulcro di questo lavoro.
In primis, la nuova classificazione propone la perdita del concetto di “parodontite aggressiva”8 poiché gli studi condotti nelle ultime due decadi non hanno apportato abbastanza evidenze scientifiche tali da giustificarne la nomenclatura con relativa diagnosi differenziale rispetto alla “parodontite cronica”9.

Un caso viene considerato parodontale quando si riscontrano:
- Perdita di attacco interdentale rilevabile in due o più denti non adiacenti, oppure;
- Perdita di attacco vestibolare o orale maggiore di 3 mm con sondaggi superiori ai 3 mm rilevabili in due o più denti.

In entrambi i casi la perdita di attacco non dovrà essere associata a cause non parodontali, quali:
a) Recessioni gengivali di origine traumatica;
b) Carie dentale estesa nella zona cervicale del dente;
c) Perdita di attacco contestualmente al versante distale di un secondo molare dovuto a malposizione o estrazione di un terzo molare;
d) Drenaggio di una lesione endodontica attraverso il parodonto marginale;
e) Frattura radicolare verticale.

Appurato che si tratti di caso parodontale, si procede con la diagnosi differenziale per escludere la malattia parodontale necrotizzante o la parodontite associata a condizioni patologiche sistemiche. Successivamente, si procede con l’acquisizione dei dati clinici per poter inquadrare precisamente il caso clinico con relativa gestione clinica, prognosi, trattamento.
La rivoluzione più importante di questa classificazione riguarda proprio la parodontite e il nuovo modo di inquadrarne il rischio e la severità, tramite staging e grading (Tab. 4).
Quindi, valutata la natura del disturbo, sia essa lieve o moderata, ne va determinato lo Stadio, considerando il massimo livello di perdita di attacco clinico, eventuale riassorbimento osseo e il suo pattern (orizzontale o verticale), numero di denti persi per parodontite e la complessità del caso (sondaggi, coinvolgimento delle forcazioni, occlusione etc.) (Tab. 5).
Successivamente, considerando la storia e il rischio di progressione, lo stato di salute sistemico, fattori di rischio, la risposta al trattamento con eventuale riconsiderazione di tutto il caso, si stabilisce il Grado (Tab. 6). Ciò aggiunge un’altra dimensione al caso, permettendo una valutazione maggiormente individuale.
Di norma, i clinici dovrebbero considerare inizialmente un Grado B come standard, essendo il più diffuso tra i casi parodontali, per poi:
a) Ridurre a Grado A se si riscontra un lento avanzamento o una buona risposta alle terapie;
b) Salire a Grado C, se si denota una situazione peggiore.



Infine, sarà possibile scegliere o stilare un piano terapeutico, che, per la prima volta in Parodontologia, diventa parte integrante della classificazione. Parodontiti allo Stadio I e II saranno facilmente inquadrate e trattate in maniera standard e facilmente gestibili dallo specialista; la difficoltà aumenta allo Stadio III in cui, probabilmente, sarà necessaria una fase attiva di terapia più complessa e articolata prima di raggiungere il mantenimento; infine, parodontiti allo Stadio 4 saranno da gestire in maniera multidisciplinare tra Parodontologo e altri professionisti in ambito odontoiatrico (Ortodontista, Implantologo etc.) e, laddove necessario, anche in altri campi medici.
Relativamente alla responsabilità delle condizioni di salute sistemica, è stato individuato un gruppo di malattie sistemiche che influenzano il processo infiammatorio, andando − quindi − a minare l’integrità dell’attacco parodontale e si distinguono altre patologie sistemiche che attaccano il distretto orale/parodontale con meccanismi alieni dalla parodontite.

Altre novità introdotte in questa nuova classificazione riguardano la classificazione di ascessi e lesioni endo-parodontali. Nella classificazione del 1999, gli ascessi erano suddivisi in:
1. Ascessi gengivali;
2. Ascessi parodontali;
3. Ascessi pericoronali.

Tuttavia, sono state osservanti rilevanti problematiche inerenti a questa classificazione:
a) La differenziazione tra ascesso gengivale e parodontale potrebbe essere confusa, essendo legati entrambi alla stessa zona anatomica ed eziologia;
b) Per definizione, se si parla di ascesso si parla di un tipo di lesione acuta, per cui non può considerarsi cronico;
c) L’inclusione delle terminologie “pericoronali” e “peri-apicali” nel 1999 non era supportata da una sostanziosa letteratura scientifica, attualmente, non si riscontrano ascessi pericoronali che siano parodontali, per cui non può essere ritenuta una classificazione appropriata.

Gli ascessi parodontali dovrebbero essere classificati in base alla loro eziologia. Discorso affine è da imputarsi alla classificazione delle lesioni endo-parodontali, condizioni cliniche, sia acute che croniche, che coinvolgono sia la polpa che i tessuti parodontali. I segni e sintomi più frequenti sono dati da presenza di profonde tasche parodontali associate a test di vitalità della polpa negativi o alterati, oltre che: riassorbimento osseo in prossimità dell’apice o delle forcazioni, dolore spontaneo o dolore alla percussione, essudato purulento, mobilità dentale, alterazioni del colore. Questo tipo di lesione è stato descritto per la prima volta nel 1999 e rientrata in un’unica categoria come “Lesione combinata endodonto-parodontale”, che però attualmente viene ritenuta troppo generica.
Per quanto riguarda le condizioni mucogengivali, si ha una nuova classificazione delle recessioni con sostituzione del termine “biotipo parodontale” con “fenotipo parodontale”. Inoltre il termine “forze occlusali traumatiche” ha sostituito il concetto di “forze occlusali eccessive” mentre il termine “ampiezza biologica” è stato convertito in “attacco tessutale sopracrestale”.
Infine, viene introdotta la classificazione delle condizioni e malattie peri-implantari. Similmente a quanto già affrontato in precedenza, anche in questo caso il punto di partenza è rappresentato dal concetto di salute peri-implantare, che − considerata la letteratura riguardante mucosite e periimplantite − coincide con l’assenza di sintomi patologici. Si affronteranno in seguito mucosite e periimplantite con relative similitudini e differenze rispetto a gengivite e parodontite, fino a giungere alla mancanza di tessuti molli o duri peri-implantari.


Bibliografia
1. Orban B. Classification and nomenclature of periodontal diseases. J Periodontol 1942;13:88–91.
2. The American Academy of Periodontology. Proceedings of the World Workshop in Periodontics. Ann Arbor, MI: University of Michigan, 1966:69–126.
3. American Academy of Periodontology. Proceedings of the World Workshop in Clinical Periodontics. Chicago: American Academy of Periodontology, 1989:1 ⁄ 23–1 ⁄ 24.
4. Attstrom R, van der Velden U. Consensus report (epidemiology). In: Lang NP, Karring T, eds. Proceedings of the First European Workshop on Periodontics, 1993. London: Quintessence, 1994:120– 126.
5. Armitage GC. Development of a classification system for periodontal diseases and conditions. Ann Periodontol 1999;4:1–6.
6. International Workshop for a Classification of Periodontal Diseases and Conditions. Papers. Oak Brook, Illinois, 30 October– 2 November 1999. Ann Periodontol 1999;4:1–112.
7. Caton J, Armitage G, Berglundh T, et al. A new classification scheme for periodontal and periimplant diseases and conditions – Introduction and key changes from the 1999 classification. J Clin Periodontol. 2018;45(Suppl 20):S1–S8.
8. Lang N, Bartold PM, Cullinan M, et al. Consensus report: aggressive periodontitis. Ann Periodontol 1999;4:53.
9. Lindhe J, Ranney R, Lamster I, et al. Consensus report: Chronic periodontitis. Ann Periodontol 1999;4:38.

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