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16 maggio 2024

Trend evolutivi del mercato odontoiatrico al variare demografico della popolazione italiana

In occasione del Summit dello Straumann Group, svoltosi a marzo ai piedi del Monte Bianco, abbiamo avuto il piacere di parlare con Roberto Rosso, Presidente Key-Stone, il quale ha tenuto una interessante relazione sul mercato odontoiatrico italiano in cui affronta il tema della variazione demografica che si prospetta nei prossimi anni.

Buongiorno Sig. Rosso, cosa può dirci in merito al discorso della variazione demografica? Quali potrebbero essere i trend del futuro? Questo invecchiamento rapido della popolazione e la mancanza di ricambio generazionale porterà dei risultati positivi per il settore dentale e soprattutto per gli studi o questo potrebbe essere una minaccia?

Io direi che questo tema è importante per il Paese e non solo per l’odontoiatria, perché comunque all’aumentare della popolazione anziana, e dato il poco ricambio generazionale, aumentano le problematiche socioeconomiche, la gestione sociosanitaria, un più basso livello di contribuzione e tutto ciò che ne comporta. Ciò non toglie che l’odontoiatria offra indubbiamente delle opportunità, chiaramente per chi si occupa di odontoiatria pediatrica o di ortodonzia nell’età evolutiva potrebbe rappresentare una riduzione del target, ma in realtà ci sono comunque delle opportunità interessanti. L’allungamento dell’aspettativa di vita è un fenomeno che stiamo misurando da anni ma di cui abbiamo preso coscienza in modo pregnante solo dopo il Covid, a questo proposito si consideri che un bambino nato nel 2019 ha un’aspettativa di vita stimata di circa 18 anni in più a chi è nato 70 anni prima, cioè alla generazione dei propri nonni. Si tratta di un fenomeno molto rilevante che ci porterà ad ampliare il target in modo importante nell’ambito delle persone più anziane. Un italiano su quattro oggi ha più di 65 anni e questa parte di target sarà sempre più in aumento diventando una parte del mercato considerevole relativamente alle necessità riabilitative, sia per ragioni funzionali che estetiche. Inoltre, osserviamo come questo trend non si limiti solo a fasce di età più elevate ma si tratta di una nuova consapevolezza che coinvolge sin dai 40-50, quando ci si rende conto di avere davanti ancora molti anni di vita, ponendo maggior attenzione verso sé stessi e la propria salute. Peraltro, questo è un tema che sta impattando molto anche sulla medicina estetica.

Esatto, sicuramente dopo il Covid ci sono stati molti cambiamenti e dei trend in grandissima crescita come la medicina estetica. Abbiamo anche osservato come non tutta la popolazione può sostenere certe spese, spesso anche i giovani. Diciamo però che queste necessità riabilitative e anche estetiche degli ultra 65enni trascinano anche le famiglie dei giovani?

Sì, certo. Chiaramente l’esigenza di maggior salute e del prendersi cura di sé stessi riguarda tutti. È chiaro che in Italia ci sono delle famiglie che hanno meno possibilità economica. Escludiamo adesso gli oltre 13 milioni di cittadini che Istat segnala essere al di sotto di 10.000 euro all’anno, cioè chi è in povertà relativa se non in povertà assoluta, ma in generale in tutte le famiglie, soprattutto quelle più giovani, ci sono meno disponibilità economiche. In questo caso chiaramente la sostenibilità economica della spesa odontoiatrica si fa rilevante. Ciò non vuol dire che non desideriamo determinate terapie, determinati trattamenti, però abbiamo meno disponibilità economica e quindi anche la sostenibilità economica dei trattamenti diventa un elemento essenziale.

La mancanza di un passaggio generazionale tradizionale all’interno degli studi odontoiatrici che conseguenze ha?

La conseguenza è un po’ traumatica, nel senso che nel giro di pochissimi anni ci sarà una riduzione forte del numero di odontoiatri attivi. Fermo restando che il 47% oggi ha più di 60 anni (sia pur in parte iscritti al doppio albo) e facendo le proiezioni tra coloro che verosimilmente andranno in pensione e i circa 1.200-1.300 che entrano, chiaramente si prevede nel giro di pochi anni una riduzione di circa un quarto dei dentisti che operano. Questo vuol dire che, a fronte di un numero di pazienti che si prevede in costante aumento, ci sarà la necessità di avere degli studi dentistici mediamente più grandi, che gestiscano più interventi, più prestazioni e quindi con una necessità maggiore di organizzare i flussi grazie anche a una sorta di “ingegnerizzazione dell’attività” che non tutti sono in grado di fare. Poi si presenterà l’incognita relativa alla carenza di personale clinico nell’ambito degli odontoiatri, in quello degli igienisti e nelle ASO.

Quindi la prossima sfida è, come diceva durante la sua relazione, cercare il personale piuttosto che cercare i pazienti, anche se adesso c’è la corsa ai pazienti, forse sarebbe meglio portare avanti questi progetti contemporaneamente.

La prossima sfida è la gestione del talento, è far in modo che le persone stiano bene negli studi, che siano felici di essere in un determinato team, che si sentano addosso quella maglia. La problematica non è più soltanto trovarli, ma motivarli, fidelizzarli e far sì che si sentano parte dell’organizzazione. Serviranno nuove competenze, nuove attitudini per fare questo, però la gestione del talento diventerà assolutamente centrale per il futuro.

Come si possono convincere i giovani a fare formazione extra-clinica?

Io credo che i giovani siano già orientati a fare dell’attività extra-clinica. Io vorrei trasferire questi concetti a chi ha degli studi avviati da molti anni, i quali hanno un po’ più difficoltà a trasferire questi concetti e riportarli nel team, che è peraltro spesso composto da personale che ha decenni di esperienza e che quindi probabilmente non ha un’estrazione, anche da un punto di vista culturale, sempre adatta ad accogliere determinati nuovi principi, nuova cultura o capacità di utilizzare, per esempio, strumenti informatici e metodologie adeguate. Quindi diciamo che l’importante è che i titolari degli studi in qualche modo comprendano la centralità della formazione del proprio personale verso queste materie.

Durante questo congresso e anche in un recente articolo che ho scritto ho spiegato quale può essere la confusione della parola marketing. Sappiamo bene che il marketing non è fare qualche post sui social ma è qualcosa di molto più complesso. A questo proposito parlo con la più importante agenzia di marketing del settore odontoiatrico. Come si può realmente far capire ai professionisti che si buttano via i soldi se non si è individuato a priori il proprio target e quindi l’obiettivo che si vuole raggiungere?

La parola marketing rappresenta un concetto complesso e viene spesso confusa con le leve del marketing. Provenendo dal marketing strategico, che ho avuto la fortuna di insegnare per diversi anni, il marketing è un’altra cosa, è comprendere chi siamo noi, perché dovrebbero scegliere proprio noi, a chi ci rivolgiamo, cioè i fondamentali del marketing, la propria missione, la propria visione, ma poi il posizionamento, la segmentazione, ossia i diversi target a cui rivolgersi in modo dedicato. Io diffido sempre dalle agenzie che ti offrono ricette miracolose e progetti creativi senza aver compreso chi siamo, a chi ci rivolgiamo e perché dovrebbero sceglierci. Ecco, in questo devo dire che però molti studi di successo hanno dei dentisti titolari che sono già ottimi imprenditori e che hanno fortunatamente un po’ innata questa visione o comunque che si sono formati negli anni, perché negli ultimi vent’anni c’è stata molta formazione sulla gestione imprenditoriale dello studio. Qualcuno effettivamente ha acquisito, anche un po’ per “osmosi”, questa attitudine a pianificare, grazie a una visione o perlomeno a una intuizione innata. Un passaggio importante per crescere in modo professionale è, però, passare ora dalle intuizioni “di pancia” a pianificare in modo razionale, per iscritto, cosa che invece è una cosa ancora un po’ ostica per molti.

Abbiamo anche visto come i flussi digitali possano veramente ottimizzare le tempistiche di lavoro oltre che il risultato. A suo avviso, questo potrà riuscire a sopperire alla carenza di professionisti che ci sarà nel futuro?

 A questa domanda non so rispondere. Posso però dire che la digitalizzazione lavora su entrambi i parametri di cui abbiamo parlato prima, cioè una maggior predicibilità dei trattamenti, non lo dico io ma lo dicono le ricerche che abbiamo condotto sulla base dei professionisti intervistati, e una migliore estetica. Aumenta la possibilità di utilizzare dei materiali più estetici, ci si orienta maggiormente a trattamenti multidisciplinari che favoriscono l’estetica, migliorando nel contempo il successo della riabilitazione nel lungo termine. Senza trascurare l’ottimizzazione dei tempi che certamente lavora a favore della sostenibilità economica. Possiamo quindi affermare che l’integrazione digitale è ormai è un “must”, proprio per assolvere a queste due grandi esigenze che sono quelle di riabilitazioni estetiche durevoli e predicibili e, dall’altra parte, sostenere maggiormente da un punto di vista economico i trattamenti.

Key-Stone ormai fa ricerche in tutta Europa e in una parte del mondo. Possiamo ancora ritenere che l’odontoiatria italiana è veramente un’eccellenza?

Assolutamente sì. Lo vediamo in tutti i convegni internazionali dove i docenti italiani sono sempre presenti.

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