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09 gennaio 2020

L’odontoiatria del futuro secondo Tiziano Testori

L’industria degli eventi e della Live Communication lancia un grido di allarme: servono aiuti concreti alle aziende e un piano di ripartenza
Milano, 27 aprile 2020: senza eventi, concerti, convention, congressi, fiere, il nostro Paese perde visibilità nel mondo, fatturato interno e mette a rischio una industry che raccoglie circa 570mila lavoratori.
Un grido d’allarme che arriva non solo dalle voci note di Tiziano Ferro, Vasco Rossi e Laura Pausini, ma soprattutto da agenzie, associazioni e imprese del mondo degli eventi, dei congressi e della Live Communication, che si sono riuniti sotto l’hashtag #ItaliaLive, un progetto che vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni una grave crisi economica e sociale che sta attraversando il settore.

By Patrizia Gatto



In occasione del meeting TTReunion 2019, la Dental Tribune Italia ha avuto modo di intervistare il prof. Testori per fare un punto sull’attuale e futura odontoiatria.

Che scopo ha questo meeting, il TTReunion, organizzato da Lake Como?
Ha lo scopo di condividere con tutti i miei ex allievi e coloro che hanno partecipato ai corsi. Vorrei lasciare qualcosa ai miei ragazzi che possano portare avanti, migliorare le cure per i nostri pazienti vedendo quali sono i trend mondiali nel campo dell’implantologia e della ricostruttiva, questo è il nostro obiettivo.

Condividere le conoscenze, non essere gelosi, ma prodighi di consigli e soprattutto ascoltare le critiche e i diversi punti di vista, perché solo attraverso il confronto si può davvero crescere, questa è stata finora la mia filosofia di vita. Dove sta andando l’implantologia?
L’implantologia, dal punto di vista scientifico, sta andando incontro a trattamenti sempre meno invasivi.Non dimentichiamoci, però, che la mini invasività senza la giusta indicazione clinica è sostanzialmente uno strumento di marketing. Bisogna sempre essere eticamente documentati e conoscere la letteratura internazionale prima di fare esperimenti sui nostri pazienti, utilizzando le evidenze scientifiche a nostra disposizione con una visione multidisciplinare. Oggi è molto difficile per un odontoiatra essere informato e preparato su tutti i campi dell’odontoiatria, quindi si palesa necessaria la collaborazione con gli altri professionisti mirando ad avere un aggiornamento e una condivisione di esperiente e skill.

Questa professione è ancora allettante per i giovani?
Questa professione è ancora allettante perché possono trovare tantissimi stimoli, possono esprimere il loro potenziale pur considerando che sono passati i “tempi d’oro”. Oggi è un momento più etico e chi non è preparato viene spazzato via dal mercato. Un tempo sopravvivevano ancora professionisti con livelli di conoscenza e skill dubbi, oggi questo non è più possibile. Il paziente ha più possibilità di informarsi e quindi ha un meccanismo di controllo e stimolo continuo sul professionista, cosa che vent’anni fa non era possibile. Oggi il paziente è più consapevole e pretende spiegazioni. I giovani hanno ancora grandi potenzialità.

Da una recente inchiesta fatta sugli studenti di odontoiatria e sui post-laureati si evince che i giovani non desiderano più aprire uno studio o entrare come associati in studi già esistenti, piuttosto preferiscono iniziare una libera professione clinica specialistica. Cosa ne pensa?
Il mondo è diventato decisamente complesso dal punto di vista burocratico e di incombenze. Le skill del buon manager ed imprenditore non vengono insegnate durante il percorso di studi, pertanto i neolaureati sono del tutto impreparati da questo punto di vista e preferiscono mettere in pratica le loro capacità cliniche affidandosi a gruppi che vicariano le loro mancanze. Anche gli specialisti della mia fascia d’età sono stanchi, demotivati e rispetto ai tempi passati hanno nuove incombenze per la gestione dello studio che sono quadruplicate.

A tal riguardo, appunto, ci sono molti dipendenti di queste aziende e catene che si stanno espandendo anche in Italia. Quali potrebbero essere i pro e i contro di questo fenomeno?
Ormai le catene sono una realtà consolidata che non potrà più essere smontata. Devono assolutamente cercare di aumentare il livello della qualità, non possono essere orientate solo al profit, i pazienti infatti non sono degli sprovveduti e non vengono fidelizzati.

Un odontoiatra che accetta di essere un dipendente di queste catene… quali possono essere i suoi benefici da questa tipologia di contratto? A cosa dovrebbe fare attenzione?
Deve sicuramente informarsi bene sulla struttura in cui decide di lavorare, constatando se ci sono dei riferimenti clinici importanti, un codice etico a cui si attiene, se sono aiutati nel crescere da qualcuno con esperienza ed eticamente orientato, se c’è una gestione del paziente attraverso dei piani di cura moderni ed etici. Ho notato che queste catene sono acefale nella gestione clinica del paziente, senza delle figure di riferimento cliniche importanti con grave scoordinazione nei piani di cura.

Ritornando all’approccio al paziente… ho notato che anche grandi associazioni scientifiche hanno incominciato ad avere programmi incentrati molto di più sull’approccio al paziente ma, nel contempo, questo tipo di programma interessa meno i colleghi rispetto ad uno clinico-scientifico. Qual è la sua opinione?
Questo è un po’ il problema che si verifica quando non si ha fin dall’inizio un maestro o un’istituzione che insegni x, y, z scollegati l’uno dall’altro e non c’è qualcuno che tira le fila del tutto dicendo che al paziente bisogna fare una diagnosi, un piano di trattamento e una prognosi. Sono tutti più interessati al come si fa e meno al perché si fa. Questo è un problema di base forse ancora oggi della nostra metodica di insegnamento dove probabilmente bisognerebbe dare agli studenti i tool, per verificare la qualità di chi insegna. Bisogna imparare la tecnica, ma anche i perché della stessa. La diagnosi del paziente al centro e poi la tecnica.

Un’ultima domanda. Una lunga carriera… che cosa le è piaciuto di più e cosa le piace di più oggi?
Una lunga carriera che mi ha consentito di girare il mondo, di avere tanti allievi che mi seguono perché ho sempre avuto questo approccio di condivisione della conoscenza e di saper ascoltare e capire che anche il meno talentuoso può insegnare qualcosa. Molti colleghi sono affetti da “napoleonite”, non si confrontano con i più giovani. Mi è piaciuto di più sicuramente la possibilità in questi anni di creare un gruppo con un atteggiamento collaborativo e di confronto calmierante, autoalimentando conoscenza. Come educatore il tuo allievo deve superarti, senza esserne geloso ma anzi, orgoglioso. La grande passione rimane la formazione, ieri e oggi.