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06 dicembre 2019

L’esperienza clinica al servizio della mini-invasività in chirurgia parodontale

L’industria degli eventi e della Live Communication lancia un grido di allarme: servono aiuti concreti alle aziende e un piano di ripartenza
Milano, 27 aprile 2020: senza eventi, concerti, convention, congressi, fiere, il nostro Paese perde visibilità nel mondo, fatturato interno e mette a rischio una industry che raccoglie circa 570mila lavoratori.
Un grido d’allarme che arriva non solo dalle voci note di Tiziano Ferro, Vasco Rossi e Laura Pausini, ma soprattutto da agenzie, associazioni e imprese del mondo degli eventi, dei congressi e della Live Communication, che si sono riuniti sotto l’hashtag #ItaliaLive, un progetto che vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni una grave crisi economica e sociale che sta attraversando il settore.

By Patrizia Biancucci



La chirurgia parodontale segue il filo conduttore della minima invasività che ormai da tempo rappresenta lo standard di tutte le discipline chirurgiche. È pertanto consolidato un approccio al trattamento dei difetti parodontali che preveda il massimo rispetto e la massima conservazione dei tessuti gengivali, con particolare attenzione alle papille interdentali, al fine sia di favorire al massimo la protezione del sottostante coagulo promotore dei processi di guarigione, sia di rendere più tollerabile il postoperatorio per il paziente, anche quando si affrontino difetti di estrema gravità.
In tale ottica la chirurgia resettiva, tecnica per regolarizzare i profili ossei e gengivali e demolitiva per definizione, tende oggi a conservare il tessuto sopracrestale che abbia attacco sulle radici allo scopo di minimizzare la decurtazione di tessuto sano e/o risanato.
Anche la chirurgia plastica parodontale ha sviluppato procedure che consentono di avanzare i lembi coronalmente anche sull’intera arcata senza dover ricorrere ad incisioni verticali di rilascio, che minimizzano il disagio post-operatorio del paziente nei prelievi di tessuto palatino e che, addirittura in svariate situazioni, permettono di sostituire il connettivo autologo con biomateriali ad hoc costituiti da matrici di collagene. Nell’ambito del 7° Congresso dell’Istituto Stomatologico Toscano “La riduzione dell’invasività nelle procedure odontoiatriche”, Viareggio 24-25 gennaio 2020, la relazione del dr. Roberto Abundo dal titolo “L’esperienza clinica al servizio della mini-invasività in chirurgia parodontale” illustra tutte le tecniche, evidenziandone possibilità e limiti in comparazione con le procedure più tradizionali, che hanno storicamente costituito il riferimento nell’affrontare le diverse problematiche parodontali. Il dr. Abundo, Medico Chirurgo Specialista in Odontostomatologia, già docente di Parodontologia presso l’Università di Torino e Adjunct Professor in Periodontology presso la University of Pennsylvania a Philadelphia, è attualmente Responsabile del Corso di Aggiornamento in Parodontologia della Humanitas University.
Premio “H. M. Goldman” della S.I.d.P. per la ricerca clinica in Parodontologia nel 2000 e Premio E.A.O. per la ricerca clinica in Implantologia nel 2010, autore di varie pubblicazioni di argomento parodontale e implantare su riviste internazionali nonché di 2 testi sulle stesse tematiche, è libero professionista a Torino, con pratica limitata alla Parodontologia e all’Implantologia. Qualche breve anticipazione del suo intervento.


Dr. Abundo, quando parliamo di procedure tradizionali nei trattamenti parodontali a cosa ci riferiamo?
Quando parliamo di procedure tradizionali facciamo riferimento a trattamenti in cui è sempre prevista la chirurgia e in cui tale chirurgia prevede incisioni verticali di rilascio, lembi molto estesi nello scollamento e, nelle tecniche mucogengivali, sempre tessuto connettivo da innestare.

Nel trattamento dei difetti parodontali perché bisogna fare particolare attenzione alle papille interdentali?
Perché le papille interdentali sono le strutture anatomiche che proteggono le nostre procedure rigenerative ed aiutano a stabilizzare il coagulo, primum movens di qualsiasi processo di rigenerazione.

Mini-invasività nella chirurgia resettiva: a cosa è finalizzata? Si riferisce a nuove metodiche o al comfort post chirurgico del paziente?
In chirurgia ossea resettiva si parla di mini-invasività quando si prevede di conservare le fibre connettivali inserite alla radice, con riferimento dunque alle metodiche ma anche e soprattutto al comfort post-operatorio del paziente e al risultato estetico finale, con vantaggio per i risultati della tecnica e di conseguenza per il paziente.

Dr. Abundo, anche la chirurgia plastica parodontale sta riducendo l’invasività? E come?
Sì, anche la chirurgia plastica parodontale sta riducendo l’invasività attraverso lembi senza incisioni verticali di rilascio, talora senza incisioni delle stesse papille, sempre più spesso rimpiazzando gli innesti di connettivo autologo con quelli di biomateriali sostitutivi a base di collagene.

Procedure tradizionali vs procedure mini-invasive: quali i vantaggi? Si può parlare di innovazione o solo di miglioramento mantenendo gli standard di riferimento?
Vantaggi delle procedure mini-invasive sono relativi tanto al maggior comfort per il paziente quanto ai risultati ottimizzati dalla maggiore stabilità dei tessuti molli. È necessario parlare di vera e propria innovazione perché cambiano anche concettualmente alcuni aspetti base della chirurgia parodontale tradizionale, sebbene tali cambiamenti non rinneghino le procedure precedentemente utilizzate, ma le rinnovino con la semplificazione delle metodiche.