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24 ottobre 2019

Analisi del rischio clinico odontoiatrico: la nuova sfida per il dentista del futuro

L’industria degli eventi e della Live Communication lancia un grido di allarme: servono aiuti concreti alle aziende e un piano di ripartenza
Milano, 27 aprile 2020: senza eventi, concerti, convention, congressi, fiere, il nostro Paese perde visibilità nel mondo, fatturato interno e mette a rischio una industry che raccoglie circa 570mila lavoratori.
Un grido d’allarme che arriva non solo dalle voci note di Tiziano Ferro, Vasco Rossi e Laura Pausini, ma soprattutto da agenzie, associazioni e imprese del mondo degli eventi, dei congressi e della Live Communication, che si sono riuniti sotto l’hashtag #ItaliaLive, un progetto che vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni una grave crisi economica e sociale che sta attraversando il settore.

By Avv. Stefano Fiorentino



Qualcuno ha cominciato a parlarne già dal 2017, ma solo quando il Collegio dei Docenti, lo scorso aprile, ha dedicato a questo tema un l’intero Congresso di Napoli, in molti hanno capito che si comincia a fare sul serio. Ma cosa si intende per analisi del rischio clinico? Di quale rischio stiamo parlando? E quali saranno le implicazioni di questa (relativamente) nuova normativa?

È notorio che il rischio zero in sanità non esiste in generale, e nello specifico in ambito odontoiatrico. Il rischio non può essere eliminato, in quanto connaturato con l’attività medica, pertanto va gestito. E per gestire il rischio occorre saperlo analizzare, al fine di creare procedure standard in grado di minimizzarlo nelle sue singole componenti.
Questa in estrema sintesi la problematica su cui vertono le nuove normative: rispetto al passato non si parla di analisi del rischio ambientale o sul luogo di lavoro (D.Lgs. 81/08), ma del rischio clinico, ovvero del sistema per evitare che si determini per il paziente un evento avverso, ovvero un danno connesso con la specifica complessità e la rischiosità degli interventi sanitari: se il danno poteva essere evitato poiché la causa non risiede nella complessità e rischiosità del trattamento, ma è causato per esempio da un errore, un incidente, una insufficienza del sistema, allora si parla di evento avverso evitabile.
L’esempio tipico è dato dal danno da infezione: la mancata corretta sanificazione degli strumenti può determinare nel paziente un danno (evento avverso), prevedibile e facilmente evitabile con l’utilizzo di strumenti di sanificazione ed adeguate procedure di sterilizzazione.
La prima regola da seguire per minimizzare il rischio è di conoscere bene quello che si fa: l’odontoiatra deve essere formato e specificamente preparato sulle chirurgie o sulle pratiche terapeutiche che attua, evitando di intraprendere chirurgie o attività terapeutiche per le quali non ha titoli e competenze.
Le procedure interne dello Studio devono essere conosciute ed applicate da tutti i membri dello staff clinico, dall’odontoiatra sino all’ultima assistente di poltrona. Procedure scritte aiutano a minimizzare il rischio, ma solo se sulle stesse sarà effettuata una costante formazione del team: infatti la formazione del personale e l’implementazione della comunicazione tra lo stesso costituiscono efficaci strumenti per minimizzare il rischio clinico. Un team sanitario che non dialoga, comunica male o nel quale il livello di formazione non è mediamente adeguato inevitabilmente creerà all’odontoiatra un aumento del rischio clinico.
Concetti di per sé semplici ed intuitivi, che tuttavia dal 2016 devono essere applicati attraverso la predisposizione di procedure ad hoc, ovvero create dall’odontoiatra dopo aver specificamente analizzato le debolezze della sua struttura per apportare i dovuti correttivi.
Il riferimento al 2016 non è casuale: molti infatti ignorano che la Legge di Stabilità del 2015 ha reso obbligatoria nel sistema pubblico l’analisi del rischio clinico e che la successiva Legge Gelli (8.3.2017, n.24) ha esteso tale obbligo a tutte le strutture sanitarie, anche private, quindi anche agli Studi Odontoiatrici.
Molti dentisti pensano, erroneamente, che l’analisi del rischio sia un qualcosa in più da offrire al cliente/paziente, una sorta di “fiore all’occhiello” da presentare nell’ambito di prestazioni d’eccellenza odontoiatrica, ma non certo un qualcosa di assolutamente necessario: questo dipende dal fatto che non esiste, per ora, una sanzione per la mancata effettuazione dell’analisi del rischio, in quanto la normativa sottolinea piuttosto i benefici dell’averla effettuata (possibile riduzione del premio assicurativo, minore entità della colpa in ambito civile e penale).
Tuttavia, è bene sottolinearlo, il sistema sta piano piano delineandosi, tanto che nella Legge Gelli è previsto addirittura l’obbligo di pubblicare i propri “dati di rischio” ottenuti sulla base dell’applicazione delle procedure adottate, mettendoli in diretta comparazione con le percentuali di rischio rese note da fonti ufficiali: in un futuro molto prossimo, la scelta del dentista da parte del paziente sarà sicuramente determinata, in parte preponderante, da una valutazione proprio di questi dati sul rischio clinico all’interno degli Studi Odontoiatrici.
Attraverso l’analisi del rischio clinico, il dentista potrà offrire al proprio paziente un elevato valore di sicurezza nelle cure odontoiatriche erogate, ottenendo in cambio la messa a punto di uno strumento ulteriore per l’acquisizione della clientela sempre più attenta alla propria salute dentale: poiché alla base di tutto il sistema sta la comprensione dei meccanismi di analisi da parte del dentista, non è casuale il fatto che alcuni Operatori del settore, quelli maggiormente oculati, siano già pronti ad offrire specifica formazione in materia.
www.studiolegalefiorentino.it
L'articolo è stato pubblicato su Dental Tribune Italian Edition n. 10/19.