TREND DI MERCATO
16 dicembre 2024

L’Italia delle microimprese: le sfide che stanno affrontando i laboratori odontotecnici tra innovazione e rischio di estinzione

Roberto Rosso

Le microimprese in Italia costituiscono un elemento fondamentale del tessuto economico e imprenditoriale. Rappresentano infatti oltre il 94% delle imprese italiane, con circa 4,3 milioni di aziende attive. La loro diffusione testimonia il carattere frammentato del sistema economico del Paese, dove prevalgono realtà aziendali di dimensioni ridotte ma dal forte impatto sociale ed economico. È opportuno ricordare come per oltre 40 anni la microimpresa, che ha trovato il suo sviluppo nel terziario, sia stata una vera e propria “fonte di salvezza” dell’economia globale del Paese.

Infatti, a partire dagli anni ‘70, la crisi petrolifera e la crescente globalizzazione hanno portato a difficoltà nel settore manifatturiero, spingendo l’Italia a rafforzare il settore dei servizi (terziario) e ad adattarsi a un’economia più variegata. L’attenzione si è spostata progressivamente verso la piccola e media impresa (PMI) e, in particolare, verso le microimprese, che sono diventate una sorta di spina dorsale del tessuto imprenditoriale italiano.

Le microimprese, soprattutto nel settore terziario, hanno contribuito all’espansione dei servizi (commercio, turismo, consulenza, servizi finanziari e assicurativi, etc.). L’Italia, in risposta alla concorrenza globale, ha optato per un modello economico fondato su imprese flessibili e specializzate. A partire dagli anni 2000, però, qualcosa è cambiato progressivamente fino a trasformare radicalmente la concezione stessa del “fare impresa”. Le logiche di mercato sono diventate straordinariamente più competitive e quelle doti di flessibilità e creatività che hanno caratterizzato le microimprese si sono gradualmente tradotte in vincoli alla crescita, che non consentono il raggiungimento di quella massa critica e quella cultura manageriale indispensabili per competere anche in chiave prospettica. L’eccessiva frammentazione del sistema e, nella maggior parte dei casi, le difficoltà nel cambio generazionale stanno rendendo sempre meno competitive le microimprese, che devono obbligatoriamente ripensare alle strategie per un futuro che è già attuale.

Secondo i criteri europei, una microimpresa è un’azienda con meno di 10 dipendenti e un fatturato annuo o un bilancio totale inferiore ai 2 milioni di euro. In Italia, queste imprese non sono solo numerose, ma rappresentano anche la spina dorsale dell’occupazione, specialmente in contesti territoriali o settori dove le grandi aziende hanno una presenza limitata. Insieme alle piccole imprese, le microimprese contribuiscono significativamente all’occupazione, coprendo circa il 48% della forza lavoro nel settore privato non finanziario. Nonostante questo, contribuiscono in misura relativamente minore al Prodotto Interno Lordo (PIL) rispetto al loro peso numerico, generando circa il 30% del valore aggiunto complessivo dell’economia italiana. Questo divario in numerosità e contributo economico è dovuto alla loro limitata capacità di scalare il business e a una minore efficienza rispetto alle imprese più grandi.

I laboratori odontotecnici sono un esempio tipico di microimpresa (sono infatti, nella maggioranza dei casi, ditte individuali e con un numero molto limitato di dipendenti), si trovano quindi ad affrontare sfide molto simili a quelle di altre piccole realtà imprenditoriali. Il contesto delle problematiche affrontate dalle microimprese, in particolare riguardo alla frammentazione del mercato, è quindi altamente applicabile ai laboratori odontotecnici in Italia.

Relativamente alla frammentazione, vediamo i risultati provenienti dall’ultima ricerca OmniVision di Key-Stone, realizzata su un campione rappresentativo di 300 laboratori odontotecnici, di cui il 10% specializzati in lavorazioni ortodontiche. Questa puntualizzazione è abbastanza rilevante, in quanto nel mondo puramente ortodontico si osservano differenze evidenti in termini di taglia dimensionale e numero di studi serviti; sarà quindi importante osservare non solo i dati generali dei grafici esposti, ma entrare nel merito delle caratteristiche del laboratorio generalista, che è mediamente più piccolo e debole in un mercato che sta diventando sempre più competitivo. Scrivo “mediamente” perché vi sono delle eccezioni che vale la pena approfondire.

Iniziamo con il numero di addetti, la media di 3,0 tecnici si riduce solo leggermente a 2,9 nei generalisti, mentre è di 4,2 negli ortodontici. Ma, rimanendo ai generalisti, nel 39% dei casi viene dichiarato il solo titolare (41% nei generalisti), il che significa che un numero enorme dei circa 8.000 laboratori sta lavorando in logica di puro “autoimpiego”. Il fenomeno dei laboratori con massimo tre tecnici riguarda quindi il 74%, una percentuale che sale al 77% escludendo i laboratori esclusivamente ortodontici, che hanno una media di addetti decisamente più alta dei laboratori protesici (Tab. 1).

Chiaramente, tutto ciò è direttamente correlato al numero di studi dentistici serviti che, pur essendo aumentato rispetto alla precedente ricerca del 2018, presenta una media di poco inferiore a 13 studi clienti per laboratorio, fortemente influenzata dagli ortodontici, con circa 39 studi serviti in media. Rimanendo ai laboratori protesici (escludendo quelli puramente ortodontici), la media di clienti serviti è di 9,7. Si tratta di un dato che nel suo insieme non è da ritenersi negativo, ciò che risulta essere realmente penalizzante per la categoria è l’enorme eterogeneità del fenomeno, con un terzo dei laboratori che lavora con al massimo quattro studi dentistici. Si tratta di una situazione davvero complessa sotto il profilo della garanzia di lavoro nel tempo, con un enorme disparità nel potere contrattuale e la conferma di un’eccezionale frammentazione del settore. Una così grande dispersione di attori sul mercato porta a una forte concorrenza su scala locale, con laboratori frequentemente simili tra loro, che operano in un mercato spesso saturo, dove diventa difficile distinguersi.

Questa competizione intensa può condurre a una guerra dei prezzi, riducendo i margini di profitto e costringendo i laboratori a offrire servizi a prezzi sempre più bassi per mantenere i clienti, ma con il rischio di compromettere la qualità del prodotto finale. Anche l’osservazione di questo mondo sotto il profilo demografico sembrerebbe offrire una visione un po’ allarmante. Vediamo infatti la distribuzione e le medie di due dati fondamentali per valutare, anche in chiave prospettica, l’evoluzione del settore anche in termini di ricambio generazionale: l’età del titolare e l’anno di apertura del laboratorio.

Sembra incredibile ma, per poter segmentare in tre fasce l’età dei titolari, il primo scaglione deve limitarsi a 55 anni: si scopre così che solo in un terzo dei titolari l’età è inferiore ai 56 anni, mentre nel 29% dei casi l’età del titolare è da 60 anni in su. Con un’età media complessiva dei titolari di laboratorio di 57 anni (Tab. 2). L’elemento più preoccupante del fenomeno osservato non sta tanto nell’età media dei titolari, ma nella mediana complessiva e nel basso peso degli under 55. In particolare, il 50% (mediana) dei titolari ha 58 anni e solo il 24% meno di 50. E quindi la domanda assolutamente pertinente è: “quale futuro per la titolarità dei laboratori nei prossimi dieci anni?”.

Guardando l’anno di apertura dei laboratori, i più recenti possono contare un “quarto di secolo”, mi sembra pleonastico approfondire oltremodo ciò che può essere il futuro di una professione in chiave imprenditoriale che sembra diretto, se non all’estinzione, a un profondo ridimensionamento in termini di numero e tipologia di laboratori. Un’altra sfida riguarda il rapporto tra i laboratori e l’innovazione tecnologica. A causa delle limitate risorse e della mancanza di accesso a investimenti significativi, le microimprese tendono a essere meno propense all’acquisizione di nuove tecnologie, ma per i laboratori rinunciare a queste tecnologie è impensabile. L’innovazione è fondamentale nel settore odontotecnico, dove l’adozione di tecnologie CAD/CAM, stampanti 3D e materiali avanzati (al fine di poter competere con l’Industria e i centri di servizi) è sempre più importante per garantire efficienza e qualità. Questo ritardo nell’adozione di nuove tecnologie può ridurre la competitività dei piccoli laboratori, che faticano a tenere il passo con i competitor più grandi o più innovativi. Le microimprese che non riescono a investire in macchinari moderni rischiano di perdere clienti, attratti da laboratori più tecnologicamente avanzati e veloci.

La mancanza di nuove leve adeguatamente formate complica ulteriormente la situazione, mettendo a rischio la sopravvivenza di molte attività. Problematica che si somma alla reale difficoltà di reclutare e trattenere personale qualificato, non potendo offrire gli stessi benefici e opportunità di aziende più grandi. La soluzione per i laboratori odontotecnici potrebbe risiedere in una maggiore rappresentazione politica, nella cooperazione tra piccoli attori attraverso reti d’impresa, nel miglioramento dell’accesso al credito, nella specializzazione in nicchie di mercato o nell’adozione di tecnologie innovative per mantenere la competitività e la qualità del servizio. In ultimo, ma non solo in termini ordinali, urge l’adozione di strategie di rete che possano garantire la libera imprenditorialità in contesti organizzati di maggiore managerializzazione.

Per maggiori informazioni sulla ricerca completa di Key-Stone scrivere a: marketing@key-stone.it

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