Tutti ci stiamo chiedendo “quando” torneremo a una condizione di normalità dopo questa pandemia, ma nonostante questa sia la domanda più urgente, l’interrogativo forse più inquietante è “come” sarà questa ipotetica fase di normalità.
Forse anche per questo, usando un inglesismo, in tutto il mondo si parla sempre più spesso di “new normal”. Ossia di quella fase, che durerà probabilmente diversi anni, in cui entreranno in gioco almeno tre variabili condizionanti:
- la gestione della fase endemica del virus;
- le nuove logiche di socializzazione;
- la grande crisi economica che ci attende.
Questi tre punti non hanno certo bisogno di molti commenti. Per quanto riguarda la gestione della fase endemica è piuttosto scontato che le tempistiche di raggiungimento di un’immunità di gregge, la reale efficacia dei vaccini anche nei confronti di eventuali altre varianti, le modalità e la programmazione per i richiami periodici, sono tutti fattori che condizioneranno sia i comportamenti che l’organizzazione sociale. In ambito lavorativo, il lavoro a distanza sarà in ogni caso più frequente e i viaggi di business più contenuti (si prevede un ritorno alla movimentazione aerea del 2019 non prima del 2025). Certi settori economici subiranno l’impatto della pandemia ancora per molto tempo, ad esempio quelli più condizionati dal possibile lavoro a distanza, che diverrà abituale anche solo per qualche giorno alla settimana (impatto sui servizi connessi a spostamenti, ristorazione, etc.), oppure il commercio dei negozi al dettaglio considerando l’enorme impatto dello sviluppo del commercio digitale e l’inesorabile acquisizione di quote di mercato. Ma, allo stesso tempo, alcuni ambiti si svilupperanno maggiormente, come ad esempio quello informatico, farmaceutico, i servizi di delivery, etc. Ci saranno poi settori fortemente sostenuti dagli aiuti europei del Recovery Fund, ma anche questi permetteranno lo sviluppo solo di specifiche aree, in funzione del piano predisposto dal Governo del Paese, i cui fondamentali sono basati su transizione ecologica, trasformazione digitale, occupazione e crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, politiche per la prossima generazione, compresa l’istruzione e lo sviluppo delle competenze, etc.
Come anticipato, non tutti i settori avranno lo stesso sostegno e il drammatico crollo del prodotto lordo, della produzione e delle esportazioni, nonché il forte aumento del debito pubblico, avranno bisogno di alcuni anni per tornare ai livelli del 2019.
L’unico aspetto di cui ahimè siamo certi, è l’incertezza rispetto a questi fattori. Ma, nonostante tutto ciò, come analizzeremo più avanti, il settore dentale può essere considerato come centrale e imprescindibile per la salute della popolazione.
Vediamo quindi in questo articolo, alcune riflessioni sull’impatto della pandemia in Italia e le probabili dinamiche di recupero del dentale.
Il mio mestiere, a capo dell’istituto di ricerca Key-Stone, è quello di raccogliere, processare e analizzare dati, ma spesso mi viene richiesto anche di elaborare alcune previsioni e indirizzi strategici. Ebbene, durante questo ultimo anno sono stati numerosi i miei scritti, interventi, seminari, in cui ho però sempre spiegato la grave lacuna di fronte alla quale ci siamo trovati, cioè l’incertezza dovuta alla totale mancanza di dati relativi al passato. Questo aspetto impedisce di lavorare su modelli matematici, inoltre, sono poche anche le analogie con il passato, poiché nelle ultime gravi pandemie il contesto sociosanitario era totalmente diverso.
Ciò nonostante, in questo catastrofico anno, gli Stati, le organizzazioni internazionali, i big mondiali della consulenza strategica, tutti gli istituti di ricerca (Key-Stone incluso), aziende e associazioni, hanno cominciato a raccogliere e catalogare informazioni qualitative e dati quantitativi, elaborando proiezioni economiche e teorie sulla ripresa post Covid-19.
Anche relativamente al settore dentale italiano possiamo contare su numerose ricerche e osservazioni realizzate in questo anno, e con questo contributo desidero condividere alcuni spunti di riflessione e quelle che secondo noi saranno le fasi di recupero del dentale in termini di domanda di prestazioni odontoiatriche.
Come ho già avuto modo di scrivere, l’attuale crisi nasce di fatto da una interruzione delle interconnessioni. Durante i tre mesi del “lockdown” ci è stato impedito di muoverci, di consumare, nonostante in linea teorica ci sarebbero state le possibilità economiche. Ma anche dopo, fino a oggi, se rinunciamo a comprare, a consumare determinati prodotti o servizi, spesso non è per mancanza di denaro ma per impossibilità oggettiva connessa alle politiche di distanziamento sociale. A questo si aggiunge l’incertezza lavorativa, altra parola dominante di questi ultimi mesi; un’incertezza che riguarda ormai molti milioni di famiglie italiane, considerando soprattutto coloro che lavorano in settori fortemente colpiti dalla pandemia (viaggi, turismo, ristorazione, commercio non alimentare al dettaglio, etc.).
Ma cosa succede, nei consumi, quando ci si trova di fronte a una fase di incertezza o, peggio, di reale o incombente peggioramento delle condizioni economiche della famiglia? In primo luogo, si rimandano tutte quelle decisioni di spesa che vengono ritenute superflue o più semplicemente non indispensabili. Purtroppo, tra queste, troviamo anche le spese per i servizi odontoiatrici.
Analisi dell’impatto di breve termine sulle terapie
Nel novembre 2020 Key-Stone ha intervistato 1.200 famiglie italiane ed è emerso che un italiano su quattro, tra i 20 e i 74 anni di età, avrebbe rinunciato al dentista, se non per eventuali bisogni urgenti, fino a tutto il 2021. Si tratta di 13 milioni di italiani, che, alle ataviche problematiche economiche e culturali, vedono aggiungersi le incertezze dovute alla pandemia. La percentuale sale a circa il 40% per chi ha avuto o pensa di avere una situazione di incertezza lavorativa ed economica a causa della pandemia.
Considerando comunque che una parte della popolazione avrebbe comunque rinunciato al dentista (la maggior parte dei quali per ragioni economiche strutturali non imputabili al Covid-19), il 61% di questi imputano certamente tale scelta direttamente alla pandemia: a causa del conseguente peggioramento della situazione economica o per paura di essere contagiati.
Una nota ottimistica viene invece dall’attenzione per bambini e adolescenti: secondo la ricerca Key-Stone, l’intenzione di rinunciare alle cure si riduce nel caso di figli in età tra i 6 e i 19 anni, sia che si tratti di trattamenti più costosi, come quelli ortodontici, sia di controlli e trattamenti di routine.
In conclusione, l’effetto reale della pandemia provocherebbe una riduzione della domanda di prestazioni stimata intorno al -13%, almeno un miliardo in meno di spesa odontoiatrica e quindi di mancati ricavi per il comparto.
In questo contesto, Key-Stone ha approfondito il tema cercando di comprendere quali sono le aree di bisogno maggiormente percepite dalla popolazione e quale il tempo previsto di procrastinazione delle terapie.
Innanzitutto, vale la pena ricordare che i cittadini intervistati non sempre hanno le competenze cliniche per poter giudicare le proprie necessità in termini di prestazioni odontoiatriche e che il clima di fiducia, in questi mesi, può cambiare repentinamente in funzione del vissuto personale e della situazione generale rispetto alla pandemia.
La ricerca condotta aveva confermato come un certo timore del contagio, ma soprattutto l’incertezza economica e lavorativa, abbiano spinto una parte della popolazione a rimandare le cure dentistiche non urgenti. Questa situazione è peraltro abbastanza usuale nei periodi di carestia, durante le crisi, quando la fiducia verso il futuro va riducendosi. Infatti, è normale che le persone preferiscano risolvere le necessità primarie (nel nostro caso il dolore o problemi funzionali impellenti), trascurando altre spese che possono eventualmente essere rimandate.
Riprocessando i dati di quella ricerca, abbiamo estrapolato la percentuale di popolazione adulta che dichiara di poter necessitare, in un futuro anche non immediato, di determinate terapie e trattamenti odontoiatrici.

Nel Grafico 1 possiamo vedere una classifica dei principali trattamenti, in primis le otturazioni, poi l’igiene orale riguardante quasi la metà degli intervistati, subito dopo seguono estrazioni, impianti (con conseguente protesi) e problemi parodontali. Meno incidenti le esigenze più estetiche, come per esempio le faccette, o i trattamenti con allineatori.
A queste stesse persone che dichiarano una possibile necessità futura, abbiamo quindi chiesto se pensavano di effettuare questi trattamenti o se avrebbero preferito rimandare il più possibile o rinunciarvi.
Nel Grafico 2 possiamo notare come la propensione a rimandare le cure sia più alta per quegli interventi che vengono valutati come più costosi. Sorprende leggermente il fatto che alcuni trattamenti più legati ad esigenze estetiche, presentino tassi di procrastinazione piuttosto alti nonostante i pazienti che manifestano tali esigenze siano generalmente caratterizzati da un livello di scolarizzazione e di reddito medio alto.

Incrociando i risultati delle possibili esigenze con la priorità di intervento (ossia l’inverso dell’intenzione di posporre) è possibile avere una rappresentazione più chiara (Grafico 3) delle aree terapeutiche che potrebbero risentire maggiormente a breve termine, un periodo che potremmo probabilmente inquadrare fino a tutto il 2021.
Le aree dell’implantologia e della protesi avranno, probabilmente, maggiori difficoltà di recupero nell’immediato, mentre per altre, più legate all’ambito restaurativo, si potrebbe andare più rapidamente verso una situazione di normalità. Particolare la situazione dell’ortodonzia, che se per gli adulti può presentare un certo rallentamento nel recupero, per le terapie relative ai bambini (non presentate nel grafico) si prevede una crisi molto più contenuta, come spiegato più avanti.
Lo scenario rappresentato dipende comunque dalla tipologia di pazienti dello studio dentistico, considerando il loro livello socioeconomico medio, il settore lavorativo delle famiglie curate e le aree geografiche dove vivono nel caso in cui l’economia locale risulti particolarmente colpita dagli effetti delle misure di confinamento.
Ma, la stessa ricerca, rivela un’informazione molto importante che gli stessi mezzi di comunicazione hanno ripreso e ampiamente sottolineato, ossia che il 30% di coloro che durante la fase del confinamento totale (marzo-maggio 2020) hanno avuto problemi ai denti o alla bocca senza aver potuto o voluto andare dal dentista, hanno segnalato un peggioramento della situazione. I numeri provenienti dalla ricerca SIdP realizzata da Key-Stone al termine del lockdown parlano chiaro: oltre 10 milioni di italiani hanno avuto problemi a denti e gengive durante le dieci settimane di confinamento e circa 3 milioni dichiarano che la situazione sia peggiorata proprio per non aver avuto accesso allo studio dentistico. È quindi indiscutibile che i trattamenti odontoiatrici debbano considerarsi come indispensabili.
Ci troviamo quindi di fronte a un settore, e di fatto anche a un mercato, nel quale i fondamentali sono solidi, per il quale non si possono prevedere crisi strutturali di lungo periodo, ma che si può contrarre o espandere congiunturalmente sulla base di fenomeni esterni di natura economica e sociale, che portano a rimandare certi trattamenti in alcuni periodi.
Dinamica di recupero di medio-lungo termine
Secondo le principali teorie sul recupero post pandemia, dobbiamo considerare che dopo una prima fase di rinuncia di una parte della popolazione a determinati beni, e soprattutto ai servizi (che generalmente vengono posposti nel processo di gerarchizzazione delle spese personali e familiari), ci sarà un fisiologico rimbalzo di lungo periodo (probabilmente per almeno un anno) in cui la popolazione che progressivamente uscirà dalla situazione di disagio o incertezza economica riprenderà a effettuare anche i trattamenti più costosi. Nel frattempo, non va dimenticato che, purtroppo, una parte di coloro che avranno posposto eccessivamente le cure avranno una situazione orale più compromessa. A seguito di questo recupero, però, la domanda di prestazioni si dovrebbe assestare su livelli lievemente inferiori, seguendo il trend che già si stava determinando nel triennio 2017-2019. In questa analisi ci aiuta molto l’osservazione di quanto avvenuto durante la grande recessione 2008-2013, con una ripresa eccezionale delle cure dentistiche nel biennio 2014-2015 e un successivo rallentamento della crescita, fino ad arrivare alla situazione stagnante o in lieve calo segnalata da ISTAT nel 2018 e 2019. Ma, per quanto riguarda le cure odontoiatriche, anche la prima fase di lockdown ha determinato nell’estate 2020 un forte recupero, molto intenso e di breve durata, a causa non delle rinunce meditate dai cittadini, ma dei numerosi lavori interrotti tra marzo e maggio.
Vediamo quindi nel Grafico 4 quali saranno probabilmente le fasi che caratterizzeranno il recupero del settore dentale.
Individuiamo e analizziamo le sei fasi descritte nel modello, e facciamo alcune riflessioni.
Pre Covid-19
Non vanno trascurati i risultati ottenuti dallo studio negli ultimi anni pre-Covid-19, poiché sono un indicatore chiave dei fondamentali di business dell’attività. Chiaramente, se la clinica era in fase di sviluppo e si trovava in una posizione florida dal punto di vista finanziario, ci sono molte probabilità che la stessa possa recuperare più rapidamente, forse incrementando le proprie quote di mercato, a scapito di chi già aveva problemi nel proprio business, con risultati in calo, difficoltà a generare profitto, debolezza finanziaria. Per le cliniche che già avevano problemi, lo shock di questa crisi potrebbe essere letale e una parte di queste potrebbe decidere di ridurre la propria attività o di chiudere.
Lockdown
Il blocco quasi totale degli accessi ha avuto un impatto devastante sulla situazione finanziaria dello studio, oltre a un impatto di lungo periodo sul sistema organizzativo. Nonostante la possibilità di utilizzare la cassa integrazione in molti studi, che hanno deciso di ridurre l’impatto del costo del personale, durante i tre mesi di lockdown i titolari deli centri odontoiatrici hanno dovuto finanziare i costi fissi, molti ricorrendo a mezzi propri e attingendo al patrimonio personale, mentre una parte di dentisti si sono rivolti alle banche per un prestito. Ma queste risorse impiegate dovranno essere restituite, o comunque rientrare nel patrimonio famigliare: sarebbe quindi opportuno pianificare gli utili dei prossimi anni per calcolare i tempi di rientro dell’investimento.
Technical rebound
Le oltre 10 settimane di confinamento totale hanno bloccato un’enorme quantità di lavoro, che si è riversata sugli studi nel periodo maggio-settembre 2020, per eseguire i trattamenti sospesi e quelli per i quali i pazienti avevano di fatto già preso una decisione. Stando a un’accurata indagine effettuata da Key-Stone, i lavori rimasti bloccati avrebbero coperto circa 50 giornate lavorative; la ricerca ha potuto oggettivamente affermare che alla ripresa, nella seconda metà di maggio, si sono rimessi in moto nel settore trattamenti per oltre un miliardo di euro (più di 30.000 euro di lavori da concludere mediamente per studio dentistico).
Ma si è trattato di una ripresa di breve durata. Si consideri che, nel frattempo, per quasi tre mesi non sono state effettuate visite a nuovi pazienti e l’inizio di nuovi trattamenti in autunno è stato parzialmente compromesso dalla mancanza di nuove visite nel periodo precedente.
Prioritization needs
Da ottobre si assiste a una nuova riduzione degli accessi e dei nuovi pazienti rispetto ai mesi omologhi del 2019, a causa delle successive restrizioni della mobilità e all’aumentare dell’incertezza economica. In questo periodo, che durerà probabilmente fino alla fine della primavera, le prestazioni generali si sono assestate di qualche punto al di sotto dei risultati del 2019 e nell’implantologia questa riduzione è piuttosto consistente (mediamente -9% gli impianti collocati da ottobre 2020 a febbraio 2021 considerando gli stessi mesi dell’anno precedente).
Uscendo dalla fase di emergenza (e molto dipenderà dalle tempistiche dalla campagna vaccinale) il lavoro aumenterà gradatamente, ma per alcuni milioni di famiglie, colpite dalla crisi direttamente, con un impatto sulla situazione lavorativa e patrimoniale, sarà frequente quel meccanismo di gerarchizzazione delle spese di cui ho accennato precedentemente, che vedrà una parte dei trattamenti ancora in difficoltà di recupero. Si tratta di una fase di cui non si conosce la durata, ma osservando le previsioni macroeconomiche delle istituzioni preposte, è probabile che i segnali positivi più evidenti si presenteranno nel 2022.
Di questo deve tenere conto chi gestisce uno studio dentistico, che potrebbe soffrire un rallentamento della ripresa durante questo anno, sempre rispetto al 2019, che è l’anno base di riferimento. Si tratta comunque di una fase da cui si uscirà in tempi non particolarmente prolungati, ma è fondamentale che il sistema finanziario dello studio consenta una resistenza eventualmente prolungata.
Physiological rebound
La procrastinazione dei servizi dentali per oltre un anno genera un enorme «polmone» di trattamenti che vengono infine realizzati lungo un arco temporale di ampio raggio (anche anni), man mano che le famiglie recuperano una situazione economica accettabile, fiducia nel futuro e, in parte, fintanto che la condizione orale non peggiori in logiche di urgenza (come anticipato, questo fenomeno è già stato documentato nel biennio 2014-2015). È quindi molto probabile assistere a un ciclo espansivo che, come dopo la “Grande Recessione”, potrà essere di almeno un paio d’anni, con indubbi vantaggi per quegli studi che in questi momenti sapranno pianificare la propria attività in modo imprenditoriale, unendo alla fiducia di cui spesso parlo, ingrediente fondamentale per il superamento di questa crisi, anche la capacità di pianificazione e controllo finanziario e quella visione strategica che consente di elaborare una proposta di valore di successo.
New normal
Non ci sono previsioni chiare su quelli che saranno la situazione sanitaria, le dinamiche sociali e il peso economico dei differenti settori nel periodo endemico.
Di certo, non si può cadere nell’errore di ritenere che il «new normal» sia un ritorno alle condizioni precedenti al Covid-19. Ci troviamo di fronte a una mutazione epocale, grazie alla quale alcuni fondamentali dell’organizzazione sociale e del sistema economico subiranno profondi mutamenti, che tutti auspichiamo siano in direzione di un miglioramento della qualità della vita per una parte sempre più ampia di popolazione.
Nella nuova situazione di normalità, la domanda di trattamenti odontoiatrici potrebbe rallentare il proprio sviluppo a seguito del rimbalzo fisiologico susseguente al periodo di procrastinazione delle cure (così come è avvenuto nel triennio 2017-2019) tornando, di fatto, a quella che indichiamo nel grafico come baseline, e che rappresenta il livello della domanda che avremmo probabilmente avuto senza l’impatto della pandemia.
Ma chi avrà lavorato bene in questi anni, investendo in competenze cliniche, struttura, tecnologie, formazione e gestione imprenditoriale, potrà probabilmente trovarsi in una situazione più florida di quella in cui si trovava prima di questa impressionante catastrofe sanitaria.
Per maggiori informazioni: pressoffice@key-stone.it
Da oltre venti anni Key-Stone si interfaccia costantemente con gli operatori di tutti i canali del settore dentale per monitorarne l’andamento, attraverso un sistema caratterizzato da differenti metodi di raccolta ed elaborazione dei dati. Molte informazioni provengono da indagini demoscopiche su campioni di dentisti e odontotecnici. Il sistema ha permesso di effettuare in totale oltre 45.000 interviste a dentisti e odontotecnici e 15.000 interviste a pazienti e fruitori delle cure odontoiatriche a livello globale.
A tale proposito, nel ringraziare tutti i professionisti del settore (Manager di aziende, Dentisti, Assistenti, Igienisti, Specialisti, Odontotecnici) che con la loro opinione ed esperienza hanno contribuito alla realizzazione di molti progetti di ricerca, Key-Stone rende noto che la Società nel costante intento di tutelare le informazioni dei professionisti che collaborano per le suindicate attività e per garantire e salvaguardare i dati dei predetti interessati ha adottato un Sistema di Gestione Privacy nominando un Data Protection Officer (DPO) cui il professionista può rivolgersi per ogni eventuale dubbio sul trattamento dei suoi dati personali (dpo@key-stone.it). Al fine di fornire tutte le informazioni prescritte dal Reg. 679/2016 la Società invita tutti i professionisti a prendere visione dell’Informativa presente sul Sito all’indirizzo https://www.key-stone.it/privacy.pdf.